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Immagine del redattoreManuel Gallace

AMERIGO VERARDI - UN SOGNO DI MAILA

Aggiornamento: 15 ago

L'universo sonoro: onomatopea dell'indicibile,

Enigma dispiegato,

Infinito percepito, e inafferrabile...

Non appena se ne è provata la seduzione,

non si progetta altro che farsi imbalsamare

in un sospiro.

"Emil Cioran"


“C’è un racconto che viene da molto lontano, e che fu generato da un sogno. La giovane, come tutti, era giunta da altre vite vissute. Aveva attraversato nella semioscurità il lungo corridoio del sentiero universale, quello della coscienza pura. E durante questo stupefacente passaggio era stata cullata dalle melodie e dai canti tramandati da milioni di anni, a partire dal primordiale Suono che segnò il principio della creazione suprema. I sacri mantra avrebbero accompagnato la nascita della sua nuova vita e l’avrebbero accompagnata nei pensieri, nei sentimenti e nella sua fragile e umana dolcezza. In quello stupore che la portò prima a sorprendersi, poi a vivere intensamente ogni esperienza sensoriale e terrena, infine ad arrendersi alla perfezione di un equilibrio mai considerato in quei termini. La rinascita su questo pianeta era stata ispirata da un sogno divino di bellezza e da un immenso, indefinibile sentimento di amore. E lei, bella lo era davvero. Ecco perché aveva preso il nome di Maila”.

Presentava così il suo ultimo album Amerigo Verardi, cantautore e produttore brindisino e nome di punta dell'underground italiano, fondatore nei primi anni 80 a Bologna del gruppo neopsichedelico Allison Run, passato poi a metà degli anni 90 al progetto più vicino all'alternative rock italico Lula, con cambio di scrittura dei testi in italiano e capace di perle come "Da Dentro", senza dimenticare svariati impegni come produttore tra cui i primi due album dei Baustelle, con un percorso coerente e mai affine alle leggi dell'industria musicale che è culminato proprio nel 2021 con l'album Un sogno di Maila.

Ancora è fresco il ricordo del primo ascolto, così straniante ed allo stesso tempo appagante, totalmente in contrapposizione con i generi in voga del momento e, forse per via del periodo di incattivimento generale acuito dal distacco sociale per la pandemia, questa musica onirica e capace di evocare gentili reminiscenze si insinuava con più decisione. Ed è proprio qui il leitmotiv su cui si estende tutta l'ora ed un quarto dell'opera: la ricerca della bellezza nelle sue varie sfumature filtrata da un sogno di un'anima femminile, che tra l'altro Verardi ci informa "Maila esiste e fa la barista", proprio in un mondo dove gran parte delle persone ha spesso dimentica di farlo.

Nei primi nove minuti Verardi ci introduce all'album rapendoci con un Mantra esotico: si sentono da subito le varie influenze che vanno da Syd Barret ai Traffic, da Julian Cope passando per il Claudio Rocchi più mistico (è proprio il compianto musicista milanese, citato nella lisergica Amor Vincit Omnia, a vegliare su tutta l'opera). Ma Verardi si dimostra anche capace di una vena pop che mancava negli album precedenti, evocando arazzi estivi vicini quelli di Skylarking degli XTC, vedi in Un'incredibile Estate, oppure nella stupenda La mia amica Stefania, dove veniamo trasportati in un'atmosfera Rohmeriana, con le due protagoniste che arrivano a fondersi l’una nell'altra in un ricordo adolescenziale, e come non pensare proprio al film del regista francese, Racconto D'estate?


"Io la incontrai su un altalena che era intenta a scrivere, con il suo pennello fra i capelli mi schizzava frasi oscene".


La nostalgica Due foglie, è una canzone di una leggerezza sublime, ha il potenziale di un grande singolo, e racchiude un po' tutti i simboli significanti dell'album, ci sono gli sgocciolii dell'acqua che cade, foglie staccate tra il vento, la luce del sole a scaldare sogni di vite precedente, meraviglie e silenzi, paure e lo stupore di riuscire finalmente a Sentire. Dalla canzone è stato estratto un bel videoclip di Chiara Chemi girato nel villaggio Mad Max Mutonia, in Santarcangelo in Romagna. Nel videoclip l'anima di Maila è sospesa nel limbo delle sue vite precedenti sotto forma di androide, mentre in una dimensione parallela vaga un'altra anima alla quale, prima o poi, Maila, passando attraverso vari cicli di rinascite, è destinata a ricongiungersi. Le due si inseguono, si percepiscono, ma non si incontrano mai.


"Di che ti sorprendi, la tua mente era in fiore

Perché ti sorprendi se ero lì ad aspettare

Di che ti meravigli se ora riesco a intrecciare

Le tue vene con le mie

Alla luce del sole,

Quando eri un'isola infelice

Quando anche le tue paure più banali sembravano fondate

Da quando te ne sei andata

Nella vita precedente a quella dell'estate da sognare."

Due foglie


Verardi apre ad un concetto di flusso, che è essenziale per connettersi ad un album di origine induista e con una struttura circolare, che ci tenta a ricominciare da capo ogni qualvolta siamo arrivati alla fine. Non mancano però anche riferimenti alla cultura occidentale, come nel power pop di Aiuto!, dove fa capolino Sylvia Plath dai suoi diari "Sono stanca di giocare con I natimorti idioti di domani". La canzone è un disperato invito con cenni autobiografici, seppur condito da una certa vena umoristica, a rimanere a galla nel Kali Yuga, in sanscrito "ciclo oscuro", trattasi del ciclo attuale nel calendario induista, dove nonostante l'evoluzione tecnologica e scientifica gli uomini sono indotti a credere in cose superficiali e materiali, "Impara a vivere nel Kali Yuga, gli uomini di medicina ti sbiancano l'odio". Un appiglio a non essere sopraffatti dalle problematiche dei nostri tempi, saturi del più sfrenato consumismo ed appiattimento spirituale.

In tutto l'album Verardi suona chitarra, basso, sitar, percussioni, pianoforte, autoharp, xilofono, cetra, flauto, campionamenti, sax, sintetizzatori, harmonium, registrazioni d’ambiente quasi in totale solitudine, ad eccezione del sax tenore di Sabrina Demitri nella sospesa Amor Vincit Omnia, della chitarra classica di Anastasia Luceri nel sognante intermezzo L’Idea di una Bambina, della chitarra su sintetizzatori modulari di Valerio Daniele in Maila Mantra e dell’harmonium di Giovanni Del Casale. Da segnalare è poi la versione in doppio LP dell'album, con una tiratura a mano di 275 copie, un oggetto unico, tra i più belli e curati che abbia mai visto. Ritornando alla musica, Il finale del disco viene poi affidato all'ambient strumentale per note di piano di Vita Sognata, capace di far riaffiorare ricordi d'infanzia dimenticati, siamo vicini ai Popol vuh meno sperimentali di Einsjager & Siebenjager, che ci accompagna fino agli sciabordii amniotici di Ritorno alle Stelle, dove le melodie si aprono per l’ultima volta “Da qui si sente il cosmo vibrare come un Om che viene su dal golfo mistico, da qui si vede un mondo che si avvicina, ma non sembra più lo stesso, non lo so ma forse era un sogno", per cedere il passo a linee di chitarra che si intrecciano in una spirale che ci lascia appagati da un senso di beatitudine. Se la musica ha il potere di farci elevare dalle bassezze dell'essere umano, Un sogno di Maila ci porta molto in alto, e se fare arte è sempre un atto politico, Amerigo Verardi ne ha compiuto uno di grande coraggio, dando alla luce una delle esperienze più totalizzanti della musica italiana degli ultimi anni.


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