In ogni epoca e in ogni luogo vivono persone animate da un fuoco che brucia dentro di loro e che incendia tutto ciò che incontrano, uomini e donne che non arretrano davanti a niente, che consumano in fretta la vita, consapevoli alle volte di lanciarsi su una strada che può portarli a una fine prematura, ma nonostante ciò vanno avanti.
È questo il caso della giornalista di origini ucraine Anastasija Baburova, nata il 30 Novembre 1983 a Sebastopoli, in Ucraina, che quest’anno avrebbe compiuto 40 anni.
Vi racconto la sua storia perché anch’io, che scrivo, sono nato nello stesso identico giorno, a migliaia di chilometri di distanza, e sono rimasto molto colpito nello scoprire che una mia coetanea non c’è più da tempo, nonostante l’ancora giovane età, per via del suo lavoro e del suo impegno.
Quel fuoco che le bruciava dentro Anastasija lo ha sentito presto e l’ha portata a intraprendere vari corsi di studi presso la sua città natale e fin da allora il suo destino si è incrociato con quello della Russia, paese da sempre legato strettamente alla storia e alla vita dell’Ucraina.
Infatti la Facoltà di Management del Mar Nero a cui si iscrive fa parte del Polo di Sebastopoli dell’Università Statale di Mosca, la più importante e rinomata università Russa.
È una ragazza vorace e piena di vita, infatti allarga i suoi studi al Diritto Internazionale e dal 2004 è anche studentessa di giornalismo, sempre presso l’università russa.
Nel frattempo però si è trasferita a Mosca prendendo la doppia cittadinanza e si è pure sposata, all’età di 20 anni, con il suo compagno di studi Aleksandr Frolov.
Proprio nel giornalismo finalmente trova la sua vera casa, diventando col passare degli anni una reporter freelance.
Brucia le tappe intessendo da subito una fitta rete di collaborazioni, scrivendo per Wetschernjaja Moskwa, Russiskaia Gazeta e Izvestija di San Pietroburgo.
Voce sempre più ascoltata non si fa problemi a rivendicare la propria indipendenza come quando nel 2008 abbandona Izvestija per il quale scriveva articoli di finanza, considerando il giornale caratterizzato ormai solo da “nazionalismo, pavidità e cinismo”. Anastasija è al centro di un momento delicato della propria vita, anche affettivamente, infatti negli stessi mesi si consuma il divorzio dal marito, ma lei continua a cercare la propria strada e ben presto trova un nuovo indirizzo, quando assiste di persona a un’aggressione in strada che la colpisce nel profondo.
“È difficile guardare negli occhi di uno studente coreano che è appena stato colpito alla tempia da due giovani delinquenti mentre scendevano da un tram in partenza. Hanno urlato ‘Sieg Heil’ verso il tram e sono corsi via”, scrive Anastasija nel suo diario.
L’urlo lanciato dai due aggressori è di chiara matrice nazista e veniva gridato in Germania durante le adunate.
Anastasija capisce che c’è un pericolo strisciante in Russia, di cui si parla troppo poco, quello dei gruppi neo-nazisti. Da allora inizia a indagare sull’argomento e il risultato delle sue inchieste dirette e chiare viene pubblicato sulla Novaja Gazeta, della quale da quel momento diviene reporter.
Il 2008 è particolarmente importante per lei, oltre a questa nuova collaborazione, inizia a frequentare in modo sempre più attivo forum sull’ambiente e sui diritti dei lavoratori. Per la sua partecipazione alle proteste a favore dei diritti dei braccianti agricoli viene anche rinchiusa in carcere per una notte.
La sua personalità inizia a farsi notare e lei continua a impiegare le proprie energie in battaglie sociali e giornalismo d’inchiesta.
Anastasija ha chiaro che si sta esponendo a enormi rischi, ma il fuoco che le divampa dentro le fa vivere a fondo tutto quello che le accade e la sua vita si incanala in quella direzione che la porterà a consumarsi presto.
Nel gennaio 2009 Anastasija ha da poco compiuto 25 anni, mentre sta camminando per le strade di Mosca in compagnia dell’avvocato per i diritti umani Stanislav Markelov viene avvicinata da due uomini. Sono due killer che li aggrediscono alle spalle, freddandoli entrambi con un colpo alla nuca. Mentre i killer fanno perdere le proprie tracce, i tempestivi soccorsi sono inutili.
Si spengono così due voci indipendenti e libere, uccise in un clima di terrore sempre più crescente in Russia. Anastasija è la quarta giornalista della Novaja Gazeta ad essere uccisa a partire dal 2000.
L’allora presidente dell’Ucraina, Victor Juscenko, invia un telegramma di condoglianze alla famiglia che ancora viveva a Sebastopoli, nel cui cimitero riposa ormai da 15 anni Anastasija.
Le indagini, all’inizio confuse, nei mesi successivi prendono una piega più decisa e a fine anno vengono processati e condannati proprio due membri di un gruppo neonazista, rei confessi. Spiegheranno che il loro movente è stata la vendetta, per quello che l’intrepida giornalista aveva scritto per mesi.
Oltre le decine di articoli pubblicati, alcuni dei quali ancora reperibili, resta un grande silenzio attorno ad Anastasija Baburova, il silenzio che lascia attoniti davanti a una vittima giovane, fermata nel momento in cui stava esprimendo il suo pieno potenziale, una voce libera che aveva fretta di consumare la vita.
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