In pochi riescono a parlare di argomenti spinosi come gineprai, a meno che tu non sia un guardiaboschi poeta.
Arto Paasilinna è stato uno degli scrittori più rilevanti nel panorama letterario finlandese; il suo bagaglio di esperienze lo hanno reso un menestrello silvano in grado di descrivere le piccole, grandi contraddizioni della società finlandese con un senso dell’umorismo spietatamente garbato, come a chiedere il permesso prima di distruggere ogni certezza verso un sistema apparentemente perfetto, che dietro una facciata fatta di aurore boreali ed etiche ineccepibili nasconde (come ogni cosa a questo mondo) un lato oscuro.
Il rapporto tra uomo e natura è uno degli argomenti cardine nelle opere di Paasilinna, le immense foreste finlandesi e la consapevolezza del singolo attraverso di esse sono uno scenario frequente e rassicurante nella tenera surrealtà della trama, che puntualmente pungola tasti che pochi avrebbero il coraggio anche solo di sfiorare. Fortemente critico nei confronti della chiesa evangelico-luterana finlandese, vede nella fede una moda annacquata (anche se in qualche modo innata) dell’animo umano, mantenendo tuttavia un rispetto assoluto.
Un ridanciano elfo saltellante che solletica il passaggio tra arte e natura, un bardo rispettosamente irriverente in grado di conquistare il più impassibile fan della legge di Jante; credo sia geometricamente impossibile non farsi sfuggire una risatina leggendo uno dei suoi romanzi, una risatina amara, con un impercettibile sentore acido verso la fine, di quelli che ti regalano un brividino dietro al collo.
In “Piccoli suicidi tra amici” Paasilinna affronta il tema del suicidio (tristemente prepotente in Finlandia) con lucida ironia, ne “Il figlio del dio del tuono” analizza il rapporto con la religione e la malattia mentale del popolo finnico, il gap generazionale e la complessa situazione nelle periferie sono descritti magistralmente ne “I veleni della dolce Linnea” mentre “Il migliore amico dell’orso” parla di amore incondizionato e dei risvolti esistenziali che esso comporta.
Ma è nella sua opera più significativa, “L’anno della lepre”, che si manifesta la dichiarazione d’amore più intensa dello scrittore per la natura che tanto lo ha stregato durante il suo lavoro come guardiaboschi: un’avventura per le immense foreste finlandesi di un uomo che è sceso a patti con la sua soffocante routine.
I personaggi delle sue opere sono in cerca di una prospettiva, più che di un autore; creature stordite e spaesate in un mondo mai così frenetico che trovano il loro equilibrio armonizzandosi con altre creature stordite e spaesate, accettando gioie e dolori di una vita su cui non si può scherzare (al contrario della morte) tramite un percorso di redenzione sociale.
Leggere un romanzo di Arto Paasilinna è un’esperienza emotiva, potrete trovare tra le sue righe una frase lieve come un pensiero e implacabile come una fucilata in grado di ribaltare una certezza fino a quel momento granitica.
Comments