La leggera brezza solleva i drappeggi della loggia, facendoli sventolare. Intorno a lei tutto ancora dorme. Ostia e il porto non sono lontani e l’odore di salsedine, misto al profumo del nuovo giorno, si diffonde tutto attorno. Era da lì che presto avrebbe lasciato la città che tanto le aveva promesso ma che nulla le aveva veramente dato. La notte l’aveva passata insonne, in attesa. La mente afflitta non le aveva dato tregua. Berenice, regina di Cilicia, mancata sposa del grande condottiero, domatore e imperatore di popoli, sarebbe presto svanita nel nulla, tra le nebbie della storia.
Non c’è nessuna notizia di come andarono le cose dopo la partenza, nulla su cosa fu di lei in seguito. Da allora la regina degli ebrei non avrebbe più avuto un ruolo nella storia della città eterna. Roma sarebbe diventata ancora più grande senza appropriarsi della vita di Berenice di Cilicia. Cronisti, storici e biografi, contemporanei e non, si dimenticano di lei, affinché Tito possa continuare a essere il legittimo e unico protagonista della grandezza di un popolo.
Le cronache di quel periodo, pur con versioni differenti, concordano nel testimoniare che l’amore tra Berenice, la bellissima regina degli ebrei, e Tito, guerriero e imperatore romano, fu vero e profondo. I due si erano incontrati durante la prima guerra giudaica (1), quando Vespasiano, capostipite della dinastia Flavia, salito al trono dell’impero, aveva lasciato al figlio, Tito Flavio, la conduzione delle operazioni di repressione della ribellione ebraica contro Roma.
Berenice appartiene alla dinastia erodiana di origine edomita, cliente di Roma e regnante in Palestina sotto il volere dell’impero. È nipote di Erode il Grande, passato alla storia come responsabile della “strage degli innocenti”(2). La sua famiglia è potente, ma è una donna e, seppur di stirpe regale, non le è garantita la libertà. A tredici anni viene data in sposa al mercante Marco Giulio Alessandro, discendente di una famiglia di funzionari ebrei di Alessandria d’Egitto, nobili di nascita e naturalizzati romani. Marco muore presto, e, come spesso avviene nelle dinastie ebraiche di quel tempo, in cui sposare un parente non è cosa insolita, Berenice, che non aveva avuto figli dal primo matrimonio, viene data in sposa allo zio Erode di Calcide.
A vent'anni rimane nuovamente vedova e con i due figli, Bereniciano e Ircano, avuti dall’ultimo matrimonio, torna a vivere nella dimora di famiglia accanto al fratello Erode Agrippa II. Berenice è bella, disinvolta, possiede il fascino sofisticato e seducente delle donne orientali e su di lei iniziano a girare voci di un rapporto incestuoso con il fratello. Giovenale, spinto da sentimenti misogini e moraleggianti, riferisce di un anello che il fratello Agrippa le avrebbe donato per amore:
“Deinde adamas notissimus et Beronices in digito factus pretiosior hunc dedit olim barbarus incestae, dedit hunc Agrippa sorori” (3).
Non ci sono prove certe dell’incesto ma per placare le malelingue viene combinato il matrimonio con il re Polemone II di Cilicia, anch’esso cliente di Roma. Il matrimonio è presumibilmente celebrato nel 64 d.C., due anni prima lo scoppio della prima guerra giudaica, ma Berenice non resiste molto a fianco del nuovo marito e lo abbandona tornando dal fratello nel palazzo di famiglia.
Erode Agrippa II nel frattempo si distingue nel conflitto tra i dominatori romani e i ribelli ebrei, cercando inutilmente di indurre questi ultimi alla resa. Nel 70 d.C. Tito conquista Gerusalemme distruggendo il Tempio e l’intera città e ponendo fine alla prima guerra giudaica. In questo contesto Berenice e Tito si conoscono.
La scintilla d’amore tra Berenice e Tito accende i loro sentimenti mentre le armi dei due popoli in guerra ancora s’incrociano. Tito se ne invaghisce durante i suoi incontri con Erode Agrippa II e non vuole rinunciare alla bella regina. Berenice è disposta a tutto, anche a seguirlo a Roma, apparentemente indifferente al destino del suo popolo, sconfitto e ridotto in schiavitù. Passione e potere si fondono in un legame che entrambe vorrebbero indissolubile.
Berenice vive nel palazzo imperiale di Vespasiano, a fianco a Tito, e già assume l’atteggiamento altezzoso e superbo di chi sa di diventare la sposa del futuro imperatore. Forse Berenice spera di ottenere, attraverso il suo legame con Tito, il riscatto del suo popolo. Qualcuno fa anche accenno alla sua intenzione di voler riportare nella propria terra il tesoro del tempio di Gerusalemme trafugato dai romani. Tito, descritto da alcuni come avido di piaceri e spesso preda delle sue passioni, la vuole al suo fianco. Le promette il matrimonio e, una volta succeduto a Vespasiano, l’ascesa al tetto del mondo.
La loro unione è però invisa al Senato e al popolo romano. Il Senato è scandalizzato dal comportamento di Berenice e non approva il concubinato di un uomo giovane non ancora sposato. Le Vestali sono preoccupate che la vicinanza al futuro imperatore di una donna che professa un culto estraneo ai romani possa causare lo spegnimento del fuoco sacro che custodiscono e portare Roma alla rovina. Il popolo non tollera la presenza di una “straniera” a fianco dell’imperatore. In esso è ancora vivo il ricordo di Cleopatra, la regina egiziana che aveva circuito Giulio Cesare e Marco Antonio, portando i romani alla guerra civile. Inoltre la presenza degli schiavi ebrei a Roma contribuisce a diffondere la voce del rapporto incestuoso con il fratello Erode Agrippa II. Con manifestazioni d’invidia e ostilità la regina degli ebrei viene spesso indicata con l’epiteto "Berenix meretrix”(4). In aggiunta a ciò “l’entrata in scena” di un’altra figura femminile all’interno delle mura del palazzo imperiale contribuisce a mettere ulteriormente in cattiva luce Berenice. Nella mal celata disputa, tra i fratelli Tito e Domiziano, per la successione al padre Vespasiano, si erge la figura di Domizia Longina. Più scaltra e dissoluta di Berenice, Domizia sembra aver contribuito a convincere Vespasiano a chiedere a Tito di allontanare la regina degli ebrei da Roma. Domizia in seguito sarà moglie di Domiziano e otterrà il titolo onorifico di Augusta.
Forse è a seguito di tutte queste vicende che all’alba di quel giorno Berenice si trova, stanca e affranta, sul letto che aveva sempre condiviso con Tito, in attesa di essere portata via per sempre da Roma. Svetonio scriverà:
“Berenicen statim ab urbe dimisit, invitus, invitam”(5),
e la figura Berenice si dissolve per sempre nel completo oblio di cronisti e storici.
La prima guerra giudaica fu combattuta tra il 66 e il 70 d.C. e termina con la conquista di Gerusalemme e la distruzione del Tempio. Gli eventi della guerra sono riportati nel Bellum iudaicum pubblicato in greco tra il 75 e il 79 d.C. dallo storiografo romano di origine ebrea Flavio Giuseppe. Nel libro c’è anche la descrizione della presa della fortezza di Masada da parte dei romani avvenuta presumibilmente tra il 73 e il 74 d.C.
La strage degli innocenti è narrata nel Vangelo secondo Matteo (2, 1 - 16).
Traduzione: "il più famoso dei diamanti, reso ancor più prezioso dal dito di Berenice che il barbaro Agrippa alla sorella incestuosa aveva un tempo donato". Giovenale - Contro le donne, Satira VI.
"Beretrice la meretrice".
Traduzione: "quanto a Berenice, la mandò subito lontano da Roma, benché entrambi ne fossero malcontenti". Svetonio - De Vita Caesarum, Lib XI, par. VII.
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