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CINDY SHERMAN: UNA, NESSUNA, CENTOMILA

Aggiornamento: 15 ago

“I miei ritratti non sono autoritratti, non cerco di mostrare una parte nascosta di me, cerco piuttosto di perdermi dentro al personaggio che interpreto”


Cindy Sherman nasce il 19 gennaio del 1954, a Glen Ridge. È l’ultima di cinque figli e, dopo aver vissuto i primi anni della propria vita nel New Jersey, si trasferisce con la famiglia a Long Island dando mostra già da bambina di un estro artistico non indifferente.

Si iscrive allo State University College dove inizia a dedicarsi alla pittura, ma sarà la fotografia a divenire la sua casa. Per un breve periodo infatti studia pittura e si esercita dipingendo opere realiste ispirandosi a riviste e fotografie.

Nel 1974 con il suo compagno di studi Robert Longo fonda la galleria Hallwalls accompagnata anche da artisti come Charles Clough, Nancy Dwyer e Michael Zwack.

Cindy Sherman mostra da subito di possedere un grandissimo senso artistico e un’eccellente identità: è durante gli anni della rivoluzione femminile che inizia a mascherarsi e interpretare differenti personalità.

Si appropria dello stereotipo maschilista della “donna che non deve chiedere mai” e lo rivoluziona in chiave ironica, combattendo così uno stereotipo malato e patriarcale e utilizzandolo a proprio vantaggio.

È nel 1975 che inizia la sua grande storia d’amore con la fotografia realizzando i primi esperimenti nella serie Untitled A-E: cinque autoritratti in cui l’artista interpreta cinque diversi personaggi.

Un anno dopo essersi trasferita a New York realizza le opere che contribuiranno alla sua celebrità: due serie di immagini chiamate Bus Ryders e Murder Mystery People.

Le due serie, che sono rimaste inedite fino al 2000 e pubblicate solo nel 2005, contengono 32 autoscatti in cui l’artista rappresenta due realtà differenti.

In Bus Ryders Sherman interpreta diversi personaggi intenti ad aspettare il bus, impersonando differenti scenari della quotidianità. L’artista sceglie un’immagine asettica, decidendo di mettere in risalto il travestimento in contrapposizione con la semplicità della location.

In Murder Mystery People l’artista rappresenta i classici personaggi dei film noir degli anni ’30, interpretando dapprima una cameriera, poi un maggiordomo e una nobildonna.

Tra il 1977 e il 1980 si occupa della lavorazione del Untitled Film Stills, la sua opera più celebre, si tratta di una serie di 69 immagini nelle quali l’artista riproduce classiche scene dei film di quegli anni. È la messa in scena di un’immagine femminile che viene rappresentata nella cinematografia e che l’artista vuole mettere sotto accusa. Un’immagine della donna ridondante e stereotipata che non fa altro che alimentare le due uniche facce femminili nel cinema mondiale: la femme fatale o la donna innocente e ingenua.

Nel 1995, grazie a questa serie, riceverà il primo riconoscimento artistico: il MoMa di New York acquisterà le opere per oltre un milione di dollari.

Con la serie Centerfolds, nel 1981, arriva la prima opera a colori della Sherman.

La serie viene realizzata per l’ideazione di un portfolio per ArtForum e, per l’occasione, l’artista decide di riprodurre gli inserti fotografici che caratterizzano le pagine centrali delle riviste pornografiche. Raffigura, quindi, le classiche immagini femminili che si possono trovare al loro interno rendendole innocenti.

Cindy Sherman viene accusata dalla critica di riproporre stereotipi sessisti nelle proprie fotografie, l’artista invece analizza i codici visivi utilizzati nelle riviste soft porn nelle quali la donna viene spesso raffigurata come docile e viene mostrata attraverso inquadrature orizzontali dall’alto. ArtForum a seguito delle polemiche scatenate da queste opere rifiuta la serie, che non verrà mai pubblicata.

La Sherman non viene particolarmente apprezzata dalle femministe, che accusano l’artista di rimarcare uno stereotipo maschilista, violento e patriarcale nelle sue opere.

Tra il 1988 e il 1990 la Sherman realizza gli History Portaits, una serie di fotografie nelle quali vengono studiati i metodi di rappresentazione utilizzati nel corso della storia dell’arte e il rapporto pittore-modello.

È una serie molto interessante che presenta una struttura classica nella propria composizione e che si ispira ai più famosi quadri di Raffaello, Botticelli e Caravaggio.

L’Untitled 224 è una rappresentazione del Bacchino Malato di Caravaggio realizzato dall’artista tra il 1593 ed il 1594.

Cindy Sherman non ha mai avuto paura di osare, di cambiare pelle e identità restando sempre padrona del proprio corpo e della propria immagine.

Nella sua serie Mask, Horrors and Surrealist Pictures passa all’utilizzo di maschere e protesi. Ci presenta delle immagini orride e inquietanti.

Questa rappresentazione dell’orrido si pone come distruzione simbolica del piacere e del corpo femminile.

Nel 1995, dopo il riconoscimento del MoMa, viene premiata anche ai Genius Awards MacArthur Fellowships.

Con l’avvento degli anni 2000 la digitalizzazione delle fotografie ha segnato un rallentamento nella carriera dell’artista, avvenimento che indubbiamente cambia anche il suo approccio alle opere. Nel 2004 realizza la sua serie Clowns, serie nella quale è evidente una manipolazione digitale delle fotografie.

La Sherman è stata comunque in grado di adattarsi ad una realtà completamente nuova, facendosi spazio anche nei moderni mezzi di comunicazione: dal 2017 nel suo profilo Instagram pubblica fotografie realizzate e modificate con applicazioni per alterare i connotati del viso.

L’impatto con il suo profilo social è disorientante nonché spaventoso, ma rappresenta a pieno l’aspetto dissociativo del mondo virtuale, e mostra perfettamente la realtà fratturata che arriva dalla società: un’immagine esagerata e fittizia che l’artista condanna dagli inizi della sua carriera.

Nel 2021 Sherman ha messo per la prima volta in mostra opere non fotografiche. Nella Galleria Sprüth Magers di Los Angeles ha esposto undici arazzi appartenenti alla serie Tapestries, ogni arazzo ripropone fotografie del profilo Instagram dell’artista, immagini in cui la Sherman appare digitalmente manipolata.

Ciò che colpisce di quest’artista è la capacità di creare una coerenza nel cambiamento, la grande personalità della Sherman è racchiusa nel suo trasformarsi in qualsiasi cosa restando esattamente coerente al proprio personaggio.

È un’artista che appare sempre nelle proprie opere senza mai rivelare sé stessa, mostrandosi così sempre più misteriosa all’occhio esterno. Ha lottato per il corpo delle donne nel cinema, nell’arte e in qualsiasi mezzo di comunicazione, senza vendersi mai, senza perdersi mai.

È riuscita a crearsi un personaggio sincero, autentico, con le sue fotografie non racconta la propria storia, ma la storia di milioni di donne, di altri personaggi.

Cindy Sherman balla in bilico fra il vero e la finzione, tra la maschera e la ricerca di identità, tra fotografia e teatro. Nelle sue opere è la prima e unica protagonista, ma non esclude nessuno dalla propria rappresentazione del mondo.




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