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Immagine del redattoreDavide Bonamici

Disordine di Guido Brualdi, quando la sperimentazione incontra il caos e le paure di un presente inc

Aggiornamento: 15 ago

Guido Brualdi sarà ospite di Takes Me Nowhere dalle 19.15 di stasera.


Angoscia, paura, incertezza e un forte disagio generazionale. Queste sono alcune delle emozioni che si ritrovano in Disordine di Guido Brualdi, un album emblematico e che racconta, tramite le sensazioni dell’autore, il vissuto di più generazioni segnate dall’avvento di una pandemia e confinate al proprio disordine.

Perché è dai propri disordini e caos interiori che nascono le incertezze sul presente e sul futuro, su ciò che si è e sul disordine che non solo circonda le nostre camere, ma anche le nostre vite. Lo Specchio che apre il disco è il simbolo delle identità in crisi, la sensazione di non essere mai cambiati è presente nelle parole, scandite in un malinconico pezzo d’ispirazione folk, con la chitarra ad accompagnarle nel buio che circonda anime, volti e stanze in cui ognuno è confinato.

La solitudine emerge ne Il sistema, una canzone con sonorità che vanno a riprendere l’elettro rock dei Depeche Mode e dei Muse, ma che simboleggia il bisogno di avere una persona al proprio fianco. Perché la camera è sì vuota, ma la solitudine ha permesso che essa divenisse anche sporca e non più curata dall’emarginazione vissuta. Un disagio interiore che emerge in maniera ancor più forte in Anatema, un pezzo che unisce il weird folk acustico con sonorità elettroniche, dove il testo sembra rappresentare emblematicamente uno scenario distopico, quello di un fiume in piena pieno di mosche, a simboleggiare ancor di più il caos interiore.

Caos e paure che vengono riprese da Nel terrore e in Luglio21, dove vengono messi in discussione il futuro e le relazioni sociali, in cui a vincere sono le incertezze che portano a riflettere l’autore sulla precarietà della vita e degli aspetti relazionali. Lapidario è il ritornello della quinta canzone dell’album “Dimmi che non sei immaginaria/E non ti dissolverai nell’aria”, in esso si denota la paura verso un sentimento che potrebbe essere precario e addirittura immaginario ed utopico.

E dall’utopia si passa alla distopia, all’augurarsi l’accadimento di una nuova profezia Maya, come sarebbe dovuto accadere il 21/12/2012, per mettere fine al Disordine. La title-track del disco è un grido doloroso che auspica la fine di tutto, perché si teme il futuro e di quanto il domani si faccia sempre più difficile.

La solitudine del lockdown, nelle ultime due tracce, mette in crisi i sentimenti e le relazioni. Paesaggio racconta di quanto un rapporto sentimentale sia confinato alle proprie stanze e all’incontro tramite connessioni wi-fi, ma che perde la bellezza dell’unicità di una relazione sociale e di un panorama all’orizzonte sempre più oscuro. E il messaggio di solitudine, che nonostante la sua forma d’emarginazione è comunque condivisa, appare in Dis#2. La canzone riprende, a livello sonoro, la prima traccia del disco e, a livello testuale, il concept dell’opera: la pandemia ha stravolto le nostre vite e ci ha resi sempre più soli a combattere con noi stessi, con le nostre paure e con le incertezze di più generazioni destinate a restare rinchiuse nelle proprie camere e nel proprio disordine.

Brualdi ritorna dopo Estinzione 666, mantenendo fede alla sua sperimentazione musicale e alle sue ispirazioni, ad uno stile sempre più in crescita e alla ricerca di un equilibrio. Disordine riflette, sia a livello sonoro che testuale, il caos e l’instabilità in cui più generazioni sono precipitate negli ultimi due anni e mezzo. Brualdi è voce narrante di queste sensazioni di smarrimento, di un grido che vuole essere udito e che viene lanciato da molti giovani che stanno facendo i conti con una realtà difficile e segnata da eventi esterni che stanno rendendo incerta ogni parvenza di futuro.


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