Sono rari i musicisti capaci di passare dall'infinitamente intimo all'immensamente cosmico, probabilmente Giovanni Truppi, cantautore napoletano trapiantato a Roma da anni fa parte di questi. A quattro anni dall'ultimo lavoro Poesia e civiltà, Truppi ci porta in un affresco poetico autobiografico dolce amaro, fatto di sensazioni, paure e qualche certezza che riflettono quelle di tutti noi. Per la produzione dell'album Truppi si è avvalso dell'aiuto di Niccolò Contessa e Marco Buccelli.
In Centocelle l'attacco di piano “alla Daniel Johnston” anticipa la trama elettropop tipica del musicista dei Cani, a fare da tappeto alle riflessioni su ruoli imposti dalla società e su quanto questi influiscano sulle nostre vite. Impressiona come il cantautore partenopeo riesca ad elaborare le sue emozioni, facendo da specchio alle problematiche delle persone comuni, come nell'introduzione, dove al pensiero dell’esser fortunato a poter vivere questa vita, ne sussegue il senso di colpa di non poter essere lo stesso per tutti, ad evidenziare che la libertà, oggi, è cosa ben ardua da ottenere per molte persone, facendo così di infinite possibilità di essere finiti un album sociale ed organico, dove un ideale utopico di uguaglianza fa da leitmotiv per tutte le quattordici canzoni. La ricerca spasmodica della felicità è sfida ardua, ed è proprio la spasmodica ricerca che ci allontana dalla felicità stessa, Truppi non fa che ricordarci la sua fuggevolezza, o addirittura l'incapacità di saperla riconoscere quando la più fugace delle sensazioni si manifesta in noi. Così, nel brano "La Felicità", dopo un flusso di rimpianti e di avvenimenti non vissuti appieno, dove i più attenti ritroveranno l'influenza del pensiero Beckettiano di Aspettando Godot, che già il cantautore Claudio Lolli aveva fatto suo nel capolavoro omonimo del 72, l'autore la elabora e prova ad immaginarsela: Io la felicità me la immagino con le ali, leggera come la primavera e piena di misericordia, senza nessuno da battere e niente da dichiarare. Chiara, come l'arrivo dell'ora legale.
Il primo intermezzo scandito dalle sospese note di piano, apre alla sincera dichiarazione d'amore di Moondrone, Una poesia potente che manifesta la purezza di un sentimento fortissimo, Giovanni Truppi mette le viscere sul tavolo dell’amore e lo fa tra synth e spoken word, tra cantato e paesaggi sonori che ci trasportano soli in un inverno con il sole fioco. E' Il flusso di un amore totalizzante, di una vita attraversata dal pensiero dell’altro, di un desiderio fortissimo di condividere tutto e senza fine. Si avvertono le difficoltà e le paure di non saper resistere all'urto della vita, e dell'incapacità di sentirsi interi senza la complicità dell'altro, in una mescolanza di pensieri dolci e struggenti, oppure gesti imitativi tipici della mancanza, dove trapela amore da ogni nota.
Vorrei morire prima io di te
per non restare mai senza di te,
e se finisse quello che sento con te
vorrei impazzire, e credere che sono il Mare
e tu se un’onda che nuota dentro di me.
L'altro pezzo dal neoralismo romantico rimarcato è Amarsi come i cani, il pianoforte accompagna la voce di Giovanni per tutto il brano in un crescendo emotivo che ci racconta di un amore archetipico, un elogio all'amore che supera le parole e fa della forza dell'istinto animale la sua dimostrazione più vera. Anche qui, il tema del ricordo in apertura, "e mi ricordo del tuo cuore, come batteva forte", è il sentimento fortissimo della coppia insieme mentre fanno l’amore a rivelarsi, "mi ricordo le tue gambe come si aprivano bene, come fiori d’estate, quando l’estate viene, mi sentivo che io ero l’estate per te”. Una poetica che rinuncia alla metafora, per arrivare direttamente al cuore. Truppi prosegue tra elenchi di cose futili, pensieri post morte e deduzioni politiche, con poche certezze e ponendosi molte domande: “nel periodo in cui ho scritto il mio disco precedente” racconta Giovanni Truppi “mi impauriva avere dei dubbi. Paradossalmente, l’atteggiamento attuale esprime più sicurezza: ho il coraggio di affermare che non ho certezze. Nella mia produzione musicale parlo dei rapporti personali, quelli più intimi e non, e in maniera più ampia lo stare insieme nel mondo. Questo ha a che fare anche con la politica e con il prendere una posizione politica. Questo disco ha una postura diversa, meno assertivo e più di smarrimento. Era mia intenzione riappropriarmi dell’incertezza”.
Diciotto tracce definite dal loro autore come, isole in un mare di parole, che si spingono oltre un immaginario scontato. I rumori di Centocelle, il traffico di via Indipendenza a Bologna, (città dove è stato registrato l'album), è un cammino tra i luoghi e le persone del quotidiano, percorrendo strade conosciute, che da periferiche diventano protagoniste. Biciclette, passi, voci, ascensori, uccelli. Infinite possibilità per esseri finiti, è un disco urbano. Sperimenta con i suoni della città, tra registrazioni ambientali, soundscape e field recording, in una ibridazione estetica, testimonianza di una frammentazione interiore consapevole e senza paura. Il flusso di coscienza viene elaborato in una mescolanza di stili che spazia dal rock e dai rimandi alla tradizione cantautorale italiana, alla musica elettronica e ambient, da lampi impressionisti di solo pianoforte fino alla rivisitazione, autorizzata personalmente da Roger e Brian Eno, Camminando in via dell'indipendenza un sabato sera ascoltando la nuova canzone dei fratelli Eno. L'autore non fa che chiedersi: Chi sono? Cosa dovrei fare della mia vita? Come possono coesistere, senza confliggere, la dimensione privata e quella collettiva? “Sono preoccupato per il futuro e quindi anche per mia figlia. Per come funziona la società, oggi siamo portati a vivere sempre di più autonomamente. Mi piacerebbe che si innescasse una forza opposta a quella che ci fa divergere così tanto. Oggi, qualsiasi visione un po’ meno negativa può sembrare un’utopia. Ho provato a ragionare nel disco sulle cose che sembrassero un po’ meno eclatanti e non irrealizzabili – come la pace nel mondo, ma parlare, stare più insieme o praticare la settimana breve lavorativa, che è un’opzione su cui la Francia sta già cominciando a ragionare. Per quanto riguarda le alternative a questo sistema politico, mi auguro il meglio per la Schlein. Ciò che mi affascina però, sono le alternative ai sistemi della democrazia parlamentare e rappresentativa che sono in atto in questo momento. Penso che sarebbe bello sperimentare una quota di partecipazione maggiore e una delega minore”. La riflessione del finale dell'album si fà amara e reale quando Truppi si chiede se sia giusto assumersi le colpe dei peccati commessi da altri, domandandosi, con vena sarcastica, quale sia il regno dei cieli.
Quali saranno la direzione e il ritmo
delle trasformazioni che arriveranno?
Smetteremo per sempre di aggregarci in piccoli gruppi
molto coesi o di fare famiglie?
Saremo sempre più connessi, con sempre più persone
e in modo sempre più superficiale?
Ci disperderemo nello spazio comunicando in un'unica lingua
che parleremo anche senza parlare?
Era questo l'unico destino possibile per l'umanità?
Era questo il regno dei cieli che aspettavamo?
La bellissima copertina è stata concepita dall’artista Aldo Giannotti. Si tratta di un’opera partecipativa creata dal pubblico e dall’artista al MAMbo di Bologna. «Aldo Giannotti che ha curato la copertina coinvolgendo le persone e portandole all’interno dell’opera. Un’operazione che fa parte della sua cifra stilistica. La copertina è la punta dell’iceberg di quello che lui ha fatto per questo disco: con il sito abbiamo coinvolto le persone all’interno del disco».
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