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Il cambiamento climatico e le sue conseguenze sui mari


Il cambiamento climatico sta devastando gli oceani: in Florida i coralli soffrono, mentre nell'Artico miliardi di granceole artiche sono morte. In risposta, la comunità globale punta a proteggere il 30% dei mari entro il 2030. Tuttavia, la gestione dell’alto mare, che copre due terzi della superficie oceanica, manca di un meccanismo di conservazione internazionale. Questo cambierà con il Trattato sull’alto mare, un nuovo accordo della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, previsto per il 2025. Il trattato permetterà l'implementazione di misure di conservazione nelle acque internazionali, proteggendole dalle attività industriali e riconoscendo il cambiamento climatico come una minaccia.

La sfida principale è la protezione delle specie marine migratorie, come i tonni e le balene, le cui rotte sono influenzate dai cambiamenti climatici. Ad esempio, le balene franche del Nord Atlantico stanno migrando più a nord, aumentando i rischi di collisioni con navi e conflitti con la pesca. Per affrontare queste sfide è necessario un coordinamento internazionale. Il trattato propone tre strategie: collaborazione intersettoriale, simulazione dei movimenti delle specie e sviluppo di meccanismi di governance flessibili. Il Nord Atlantico, con le sue correnti complesse, è un esempio della necessità di una gestione integrata e di cooperazione tra giurisdizioni. Con il cambiamento climatico in accelerazione, è cruciale un coordinamento rapido ed efficace per proteggere la biodiversità marina globale.


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L'impatto del trattato sull'alto mare

La situazione è destinata a cambiare nel prossimo anno grazie all'adozione del Trattato sull’alto mare, un nuovo accordo della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Quando entrerà in vigore – probabilmente nel 2025, dopo la ratifica di 60 nazioni – il trattato permetterà l’implementazione di nuovi strumenti di conservazione marina nelle aree fuori dalle giurisdizioni nazionali. Il trattato mira a proteggere l’alto mare dalle attività industriali umane, riconoscendo il cambiamento climatico come una minaccia.

Conservare le specie marine in movimento

Il ritmo e la portata dei cambiamenti climatici sollevano interrogativi su come definire al meglio le aree di protezione marina. Come conservare le specie che si spostano mentre la loro distribuzione cambia a causa del riscaldamento delle acque? I tonni attraversano l'Oceano Pacifico per riprodursi e cacciare, mentre le balene migrano dalle regioni polari a quelle subtropicali. Cambiamenti nella temperatura dell’acqua e nelle correnti oceaniche influenzeranno questi percorsi e orari. Altri effetti, come l’acidificazione degli oceani e l’interruzione delle reti alimentari, potrebbero accentuare i cambiamenti delle specie.

Esempi di adattamento: le balene franche del nord atlantico

Le balene franche del Nord Atlantico (Eubalaena glacialis) hanno modificato le loro migrazioni, spostandosi più a nord in risposta al riscaldamento delle acque e ai cambiamenti nella disponibilità di cibo. In queste nuove regioni, al largo delle coste del Canada, entrano in conflitto con la pesca e la navigazione, aumentando il rischio di morte. Sono quindi necessarie nuove misure di conservazione nelle aree in cui le balene si spostano.

Pianificazione strategica e coordinamento

Proteggere la biodiversità in alto mare di fronte ai cambiamenti climatici richiede un coordinamento tra le giurisdizioni, comprese le aree nazionali e internazionali. Sarà necessaria una pianificazione strategica su scala globale, con un mix di aree di conservazione che fungano da punti di riferimento e altre da collocare in previsione dei cambiamenti legati al clima.

Tre passaggi per un trattato efficace

1. Collaborazione intersettoriale: è essenziale unire gli sforzi di diversi settori per affrontare efficacemente gli impatti del cambiamento climatico sulle specie marine.

2. Simulare i movimenti delle specie: utilizzare la modellazione computerizzata per prevedere i cambiamenti nelle distribuzioni delle specie e sviluppare piani di conservazione dinamici.

3. Sviluppare capacità e meccanismi: creare meccanismi di governance per implementare protezioni marine flessibili, adattandosi ai cambiamenti delle specie e alle nuove informazioni.

Apprendere dal nord Atlantico

Il Nord Atlantico, con le sue importanti correnti oceaniche come la Corrente del Golfo e la Corrente del Labrador, è un esempio di complessità nella gestione delle risorse marine. Le misure di conservazione esistenti, come le chiusure della pesca di fondo e le aree marine protette, mostrano la necessità di una gestione interconnessa tra diverse giurisdizioni.

Rafforzare la cooperazione internazionale

L’OSPAR, o Convenzione per la protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico nordorientale,  ha pianificato una rete ecologicamente coerente di aree marine protette dal sud della Groenlandia alle acque europee, ma serviranno approcci più inter-giurisdizionali. Con l’accelerazione del cambiamento climatico, è necessario un coordinamento più rapido e efficace.

La protezione dell’alto mare è una sfida globale che richiede un impegno concentrato e strategie adattive per affrontare i cambiamenti climatici. Attraverso collaborazione, simulazione dei movimenti delle specie e sviluppo di capacità, il Trattato sull’alto mare può diventare uno strumento efficace per la conservazione marina.


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