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Immagine del redattoreDavide Bonamici

Il Rdeci Album dei Pankrti: il rosso che anticiperà il sangue nella Jugoslavia post-Titina

Aggiornamento: 15 ago

Alle volte è facile ricondurre un colore ad un album musicale, due esempi lampanti sono i Beatles con il loro White Album e i Metallica con il Black Album. Nella storia del rock, però, non sono gli unici ad aver associato un colore ad una propria opera musicale. Perché nel 1984, poco più a est di Trieste e dell’Italia, una band decise di provocare il regime jugoslavo post morte di Tito, pubblicando un disco contro ogni nazionalismo e che volle ricordare la fratellanza tra i popoli slavi del sud: i Pankrti (Bastardi, in italiano) lanciano il Rdeci Album (Album Rosso), un’opera provocatoria e di protesta alla nuova stagione della Jugoslavia post Tito.

Slavni Razglas (Discorso Pubblico) è la prima traccia provocatoria del disco, in cui vengono presi di mira gli urlatori nazionalisti che iniziano ad affollare le città della Jugoslavia, accusandoli di frammentare la nazione e di dare alle fiamme tutto ciò che fu costruito. In alcune canzoni vengono utilizzati salti temporali, ovvero un ritorno alle radici della Jugoslavia e al ricordo di chi la volle unire: il primo è Gora (Montagna), in cui vengono ricordati i partigiani e la loro lotta, ma si fa viva l’avvisaglia di un ritorno ai tempi della Seconda Guerra Mondiale e quanto sia in bilico la stabilità del Paese Balcanico. Sempre restando in tema bellico, arriva Volkovi (Lupi): lo scenario di guerriglia rende l’uomo un lupo e lo porta a massacrare ed uccidere la gente che “appartiene” all’altra fazione; sta giungendo il tempo di nascondersi e restare in silenzio per non farsi trovare ed uccidere dai nuovi lupi che vogliono macellare i Balcani.

Il confronto tra passato e presente continua in Moja Punca Je Vsak Dan (La mia ragazza lo è tutti i giorni), in cui viene raccontata una storia di violenza durante la guerra. La ragazza del protagonista vive nella paura, di giorno rimane rannicchiata in casa e di notte si muove lentamente per il villaggio, per non essere vista, e passa per la piazza, in cui giacciono i corpi delle persone impiccate perché contrarie alla guerra. Il disco assume poi una vena umoristica e sarcastica, in Lokalne Pizde (Stronze Locali) che esterna l’accusa agli uomini di potere del regime. Essi stanno portando l’oscurità nella vita delle persone, sopprimendo la loro libertà e portando nei discorsi logiche nazionaliste. E contro il nazionalismo prende forma Sarajevo 1984, brano che rappresenta un inno d’amore per la fratellanza tra i popoli jugoslavi ed urla che la storia insegna che gli jugoslavi stessi sono fratelli e non possono essere separati.

Anche la Jugoslavia titina aveva dei problemi ed essi continuano anche dopo la sua morte, Kaj Nardit (Che cosa succede?) è una canzone contro il classismo e che ricorda la povertà in cui vivevano molti contadini ed operai. C’è sempre un capo pronto a prendersi le proprietà, la vita e il futuro dei più poveri, anticipando di fatto le tematiche trattate in Vodja (Capo): in cui si racconta la presa di potere di un individuo che sceglie di fare guerra a chiunque sia contrario alla sua autorità e sopprime ogni forma di libertà e diritti di chi non appoggia il suo regime.

Arrivano poi due canzoni che ricordano la nascita della Jugoslavia: Oj Oj Oj (Oh Oh Oh) è una provocazione per la guerra per la patria, in cui viene esaltato il martirio dei partigiani e la derisione per chi diverrà martire nelle guerre degli anni ’90 che disgregheranno il Paese. In Udarnik Sle (Spinta dell’attaccante) ci sono i ricordi di guerra di chi ha combattuto al fronte e per la libertà del popolo jugoslavo, con la paura che tutto ciò venga spazzato via dalle forme di nazionalismo che stanno prendendo piede.

L’ultima provocazione del disco è una canzone italiana, un inno dei comunisti e dei socialisti italiani, usato per deridere i nuovi politici jugoslavi, che non sono in buoni rapporti con gli esponenti di estrema sinistra italiani: Bandiera Rossa chiude l’opera.

Il Rdeci Album è l’atto di provocazione dei Pankrti, contro chi ucciderà e dividerà il popolo jugoslavo e la Jugoslavi stessa. L’album è un grido di protesta che anticiperà le guerre di disgregazione, che negli anni ’90 sbricioleranno il Paese, dando voce alle paure delle persone contrarie ai nazionalismi, parlando del terrore di rivivere ciò che fu vissuto quarant’anni prima e ricordando quanto sia importante conoscere la storia per evitare di vivere nuovi massacri (che avverranno comunque, come a Srebrenica, Vukovar e da altre parti). La carica sonora dell’album è pregna di rabbia per ciò che purtroppo avverrà, il disco rimane una pietra miliare nella storia del Punk Rock e resta una delle ultime forme di fratellanza tra gli jugoslavi, prima che le varie guerre li dividessero e li portassero a odiarsi a vicenda.


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