“Una volta un uomo ha criticato il mio desiderio di conoscenza dicendo che non era conveniente per una donna possedere il sapere perché ce n’era così poco. Risposi che era ancora meno appropriato per un uomo possedere l’ignoranza perché ce n’era tanta.” - Cristine de Pizan
Nel Medioevo, si sa, alle donne non era concesso granché. Quasi nulla, a dire il vero. Certamente sono state ben poche quelle hanno potuto permettersi alcuni lussi, fra cui un bel matrimonio e, magari, persino imparare a leggere e scrivere; tutte mansioni che noi oggi diamo per scontate, ma che per l’epoca costituivano una rarità.
Audentes fortuna iuvat, scriveva Virgilio. Senza dubbio, Cristine de Pizan fece parte di questa schiera particolarmente temeraria. È considerata dai più come la prima vera scrittrice della storia, poiché fu in grado di vivere della propria scrittura, oltretutto pagata per i propri sforzi.
Originaria di Venezia, il padre era sia medico che astrologo; ai tempi, si riteneva che conoscere e praticare l’astrologia aiutasse a prevedere i comportamenti umani, pertanto era un’arte assai apprezzata, soprattutto dai regnanti. Infatti, egli non solo era un letterato colto, ma anche un fedelissimo consigliere della Repubblica di Venezia. Proprio a causa delle sue abilità, ben presto le voci sul suo conto circolarono in Europa e venne convocato a prestare i suoi servigi presso la raffinata corte di Carlo V di Francia. Così, a soli quattro anni, Cristine si trasferì a Parigi, dove poté trascorrere un’infanzia spensierata e – una vera eccezione per la sua epoca – studiare con i fratelli maschi, nonostante il parere contrario della madre. Doppiamente fortunata, riuscì a sposarsi con un notaio che amava molto, evitando l’atroce calvario che spesso seguitava ai matrimoni combinati.
Ma non può sempre filare tutto liscio, no? Con la morte del re, la buona stella di Cristine la abbandonò. Le sue due principali figure maschili di riferimento la lasciarono ben presto sola: il padre perse tutti i suoi incarichi e privilegi a corte e morì poco dopo; in seguito, anche il marito spirò a causa di una grave malattia. Come se non bastasse, Cristine scoprì che non veniva pagato da anni, pertanto, ad appena venticinque anni, si ritrovò sola, senza un soldo e con tre figli piccoli e una madre da mantenere.
“Con la morte del re si aprì la porta delle nostre disgrazie e io, ancora ragazzina, ci entrai.”
Indecisa sul da farsi, inizialmente intentò una causa legale per rientrare in possesso dei soldi del marito, ma le tempistiche erano troppo lunghe per permetterle di ottenere qualcosa nell’immediato e il denaro iniziava a scarseggiare. Ma che cosa poteva fare una donna sola nel Medioevo? Di certo non mettersi a guadagnare per conto proprio come un uomo, sarebbe stata pura eresia!
La scelta più ovvia sarebbe stata risposarsi, eppure Cristine prese una decisione assolutamente rivoluzionaria, la scelta che le avrebbe cambiato la vita per sempre: stabilì di cavarsela da sola, unicamente con le sue forze. In seguito, una volta raggiunto il successo, lei stessa in un libro raccontò del sogno che aveva avuto proprio durante la notte in cui aveva inaugurato la sua indipendenza: si trovava a bordo di una nave col marito, ma il mare era in tempesta, terribilmente agitato; ad un tratto, il marito veniva sbalzato fuori e annegava, così lei si ritrovava, per la prima volta in tutta la sua vita, completamente sola. Simbolicamente, Cristine associò la nave alla propria vita, che poi, per una sfortunata serie di eventi, si era trasformata in una nave senza capitano.
A partire da quel momento, la donna prese saldamente in mano la sua sorte: diventò molto più ardita e cominciò a pensare e agire come avrebbe fatto un uomo. In quanto tale, si sentiva perfettamente in grado, a differenza delle altre sue contemporanee, di mantenersi da sola e guadagnarsi da vivere. Aveva sempre posseduto una certa bravura con l’arte della scrittura, così stabilì di investire sul suo stesso talento e tramutarlo nel suo mestiere, brillando della sua luce.
Sfruttando la sua rete di contatti a corte, cominciò a scrivere su commissione. Si scoprì ad essere meravigliosamente brava, tanto da iniziare ad accarezzare, dopo la stesura dei testi, l’idea di diffonderli per tutta la Francia, tuttavia non esisteva ancora la stampa; pertanto, spesso capitava che Cristine dovesse ricopiarli più volte a mano, affinché fossero distribuiti in tutta la corte. In breve tempo, riuscì a far su abbastanza denaro per realizzare un suo laboratorio di copisteria, assumendo anche un paio di amanuensi che ricopiavano per lei. Una sorta di casa editrice ante litteram, per così dire. Ma ciò che rendeva il tutto ancora più sensazionale era il fatto che ce l’aveva fatta per davvero: era riuscita a diventare esattamente ciò che voleva, un’imprenditrice di successo che faceva fruttare il proprio talento ogni giorno.
Tuttavia, per ottenere un buon libro non bastava solo ricopiarlo centinaia di volte: doveva essere anche bello da sfogliare per intrigare ancora di più il lettore – considerando, appunto, che buona parte della popolazione non sapeva leggere – . Pertanto, Cristine assunse dei miniaturisti affinché realizzassero delle immagini, dove spesso veniva rappresentata lei stessa: allo scrittoio presa dal suo lavoro, oppure con una lunga veste blu intenta a scrivere o donare un libro ad un nobile o addirittura alla regina. Oggi noi vediamo la foto dell’autore sul retro della copertina, ma Cristine utilizzò questa tecnica già nel Medioevo, diffondendo la propria immagine di professionista all’interno dei suoi stessi prodotti.
Oltre a scrivere per mestiere, Cristine era anche una donna molto colta, che leggeva moltissimo e si informava sulle questioni più disquisite dai letterati maschili, senza timore di esporre le proprie idee; durante il dibattito sul Roman de la rose, bestseller del 1200 che trattava il ruolo delle donne nel matrimonio, con posizioni fortemente mortificanti nei confronti della figura femminile, Cristine non mancò di esprimere il proprio disappunto, scrivendo lettere a destra e manca e invitando alla discussione studiosi, letterati e la regina stessa. Nessuno, prima d’ora, aveva mai fatto nulla del genere: il suo nome finì sulla bocca di tutti per quella mossa così scandalosa, portando ancora di più alla ribalta della corte la sua popolarità.
Ormai era fatta: con una fama da scrittrice ormai consolidata, non passò molto tempo prima che Filippo di Borgogna in persona, incuriosito dalle dicerie che pervadevano tutto il paese, le commissionasse la biografia di Carlo V; certamente avrebbe potuto domandarlo a qualsiasi altro letterato di Francia, invece aveva scelto di omaggiare una donna, che in tal modo divenne anche la prima autrice di una biografia storica.
Come ogni buon scrittore che si rispetti, oltre a scrivere tanto per gli altri, Cristine progettò anche un libro tutto suo: La Città delle Dame. In seguito, raccontò che l’idea le era venuta mentre si trovava in un giardino a riposare e le erano comparse in sogno tre Dame riccamente vestite, circondate di luce: la Ragione, la Rettitudine e la Giustizia. Le figure le avevano confidato di essere apparse a lei per diventare la loro portavoce e affidarle un’importante missione, ovvero scacciare tutti i pregiudizi contro le donne che erano stati scritti dagli uomini fino a quel momento. Scopo del romanzo era costruire una cittadella dentro cui tutte le donne virtuose potessero essere protette da quei vili attacchi maschili ingiustificati.
Si trattava di un genere letterario già praticato da Boccaccio con il suo De Claribus Mulieribus, ma Cristine fece anche di più, non mostrando solamente una carrellata di storie di donne famose e moraleggianti, bensì, dato che il suo scopo era raccontare i diversi tipi di pregiudizi fra una storia e l’altra, fece in modo che, in ogni storia di donna che seguiva la spiegazione di un determinato vizio, vi fosse inserita anche la giusta confutazione, come un vero e proprio dibattito colpo su colpo. Le tre Dame garantirono a Cristine che la sua opera sarebbe stata protetta nei secoli e che non sarebbe mai stata abbattuta; la Città delle Dame, nonostante i molti invidiosi nemici e sbeffeggiatori, avrà davvero vita eterna.
“Condannare tutte le donne per aiutare alcuni uomini fuorviati a superare il loro comportamento insensato equivale a denunciare il fuoco, che è un elemento vitale e benefico, solo perché alcune persone ne vengono bruciate, o maledire l’acqua solo perché alcune persone vi annegano.”
Nel corso degli ultimi anni della sua vita, dopo tanto scrivere e tanto lottare, Cristine stabilì di ritirarsi in convento. Eppure, il fuoco della scrittura bruciava ancora ardentemente dentro di lei, tanto che avvertì di nuovo il bisogno di trattare tutte le tematiche a lei più care, così progettò un libro su Giovanna d’Arco, una donna focosa che rompe gli schemi, si oppone ai potenti e ha il coraggio di credere nelle proprie idee.
Cristine de Pizan sarà anche stata molto più fortunata rispetto a tante altre donne intelligenti della sua epoca che non hanno avuto le sue medesime opportunità, ma sicuramente le va riconosciuta una certa dose di resilienza nel saper reagire anche di fronte alle avversità della vita. Ha scritto di politica, consigliato i potenti, tessuto relazioni intellettuali e difeso i diritti delle donne come meglio poteva. Non basta dire semplicemente che ha avuto fortuna: Cristine ha avuto la forza di cogliere al volo la grande occasione che il destino le stava offrendo, ha compreso che ciò che poteva fare la differenza per il suo percorso personale fosse proprio sfruttare quelle competenze acquisite grazie alla sua buona stella per essere d’aiuto alle altre donne.
Lei non è mai stata la norma, bensì l’eccezione.
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