“Con la voce che ha, lo ascolterei anche se cantasse le canzoni da chiesa” mi dice scherzando (fino a un certo punto) qualche amico a proposito di Nick Cave.
E in effetti la religione e il suo influsso nella società sono temi ricorrenti nei testi di King Ink (soprannome derivante dal titolo di un suo libro) a partire da quelli giovanili fino ai lavori dei giorni nostri: l’ultimo album Carnage si apre con una canzone intitolata Hands of God. Ne abbiamo parlato anche in questa recensione dell'album The Good Son.
La fascinazione per i rituali religiosi nasce tuttavia già in tenera età: quando Nicholas ha solo due anni, si trasferisce con la famiglia da Warracknabeal e Wannagretta perché i genitori, che sono un insegnante e una bibliotecaria, hanno trovato impiego presso la locale scuola superiore. La nuova città di residenza, situata a circa duecento chilometri da Melbourne, è famosa in Australia perché poco distante dal luogo in cui fu catturato il celebre bandito Ned Kelly. Nel 1880 infatti, dopo aver commesso ogni sorta di crimine, la gang di Kelly viene intrappolata a Glenrowan, nei pressi di Wannagretta. Accerchiati dentro a un hotel senza nessuna possibilità di fuga, i banditi superstiti escono dal locale bardati da pesanti armature in ferro comprensive di elmo integrale, costruite da tempo e vengono raggiunti da una pioggia di pallottole. Kelly, appena venticinquenne, viene ferito alle ginocchia che non erano protette, condotto al patibolo e prima dell’esecuzione della condanna a morte pronuncia le ultime parole: “Be’, così è la vita”. Chiaramente questa figura un po’ anche mitizzata nel tempo a novello Robin Hood dei fuorilegge, esercita molto fascino sul giovanissimo Cave.
A Wannagretta Nick inizia a frequentare la locale chiesa anglicana assieme ai genitori e, all’età di otto anni, entra a far parte del coro. Il severo padre Harvey che lo gestisce (nessuna parentela col polistrumentista Mick Harvey per qualche decennio insieme a Cave nei Birthday Party e nei Bad Seeds) adotta una gerarchia ben precisa per cui i nuovi cominciano indossando una casacca nera e posizionandosi in fondo, salvo poi aver la possibilità di fare dei progressi fino ad arrivare nelle prime file con indosso una sgargiante casacca viola. Cave finirà per cantare per diversi anni nel coro ma, a causa della mancanza di estensione vocale e dell’incapacità di eseguire parti soliste, rimarrà sempre confinato nell’ultima fila con la casacca nera. Nonostante l’assenza di progressi e la poca stima del capo-coro nei suoi confronti, Nick resterà tuttavia a lungo proprio perché affascinato dai solenni rituali legati alle funzioni e alle confessioni ed estremamente curioso in merito alle lezioni di catechismo. La religione vista da varie prospettive a seconda del grado di maturità e delle vicende biografiche, sarà un tema ricorrente in tutta la carriera di Cave.
Quell’impacciato ragazzino privo di voce e ritenuto inadatto alle parti soliste, in seguito è diventato uno dei più formidabili songwriter e performer viventi e lo è ancora oggi a 65 anni.
Questo, tanti altri aneddoti su Nick Cave e soprattutto tante performance dal vivo tratte dal tour del 2017, attraverso cui ripercorreremo assieme alcune fasi salienti della sua carriera coi Bad Seeds, stasera a Love you Live a partire dalle ore 21 su www.radionowhere.it.
Ci vorrebbe un cenno ai... Kicking Pricks, unico tributo europeo (almeno nell'area mediterranea) a Nick Cave. Un piccolo-grande vanto del nostro Paese.
Adoro Nick Cave ❤️ Bell’articolo congrats 🫶🏻