Confesso di subire il fascino dell'antica Roma e di essermi spesso chiesto perché tale ambientazione non stia stata sfruttata intensivamente in ambito letterario e cinematografico. Gli intrighi e i colpi di scena avvenuti nell'impero sono così avvincenti che non sarebbe nemmeno necessario romanzarli così tanto.
A supplire a questa carenza ha pensato la scrittrice canadese Debra May Macleod con due trilogie. Nella recensione odierna mi occuperò di quella tradotta in Italia come Il romanzo delle Vestali che consta di tre volumi: La sposa di Roma, La Vestale di Cesare e L'impero di ferro. Al netto di copertine che (nella versione italiana) farebbero pensare a romanzi rosa, si tratta di tutt'altro. Il filo conduttore della trama, che si snoda lungo alcune decine d'anni a partire dallo scontro tra Ottaviano da un parte e Marco Antonio e Cleopatra dall'altra fino al 14 D.C., è costituito dalla costante presenza delle sacerdotesse Vestali di cui non ci sono giunte moltissime notizie da parte degli storici. Secondo la leggenda Rea Silvia, madre di Romolo e Remo, era una Vestale. Il compito principale di queste sacerdotesse, il cui ordine e prestigio è durato secoli, era quello di garantire che il Fuoco Sacro dedicato alla dea Vesta non si spegnesse mai; non era comunque l'unico, visto che erano coinvolte in vari rituali religiosi e soprattutto considerate nella vita politica. Questo aspetto le rende molto interessanti come figure da collocare in un romanzo storico perché la Vestalis Maxima, Pomponia, dialoga direttamente con l'imperatore Ottaviano Augusto influenzandolo e la sua autorevolezza costituisce una grande anomalia in una società estremamente maschilista (e classista) come quella dell'epoca. Ci sono delle figuri femminili che, con mezzi più o meno leciti, giocano un ruolo importante come ad esempio l'imperatrice Livia, ma in quanto moglie di Ottaviano, quindi con un prestigio che le viene riconosciuto solo in ragione del coniuge. Non che le Vestali in cambio di questo potere non pagassero un prezzo in quanto, scelte tra le figlie dei patrizi ancora bambine, una volta consacrate sacerdotesse si impegnavano alla castità per 30 anni, pena l'essere sepolte vive. E qui veniamo all'altro aspetto che permea la trilogia: la violenza. Ed è interessante l'approccio dell'autrice che sceglie di descriverla con dovizia di particolari a differenza del sesso che viene trattato in maniera molto velata. La violenza è ovunque: le guerre, i giochi nelle arene, gli attentati alla vita, i padroni nei confronti degli schiavi (e talvolta viceversa) e così anche il sesso è ricorrente anche se raramente ha a che fare col romanticismo ma molto spesso è occasionale, adultero o non consenziente.
All'interno di questo tessuto sociale Pomponia, che è sinceramente devota alla dea Vesta e tiene fede al proprio voto di castità, ha influenza sull'imperatore e prende le opportune contromosse contro i propri avversari: è un personaggio che da lettore ho rispettato ma non si tratta della classica eroina senza macchia, bensì di una persona che talvolta ricorre a metodi pochi ortodossi e riprovevoli per ottenere il risultato desiderato. D'altronde il contesto di scontro politico è ben riassunto dalla massima Arx Tarpeia Capitoli proxima ossia la rupe Tarpea, da cui venivano buttati nel vuoto alcuni condannati a morte, è vicina al Campidoglio in cui si esercitava il potere politico e quindi è facile cadere in disgrazia improvvisamente.
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