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Le radici e le ali e la rinascita del rock d’autore italiano

Gli anni ’90 della musica d’autore italiana sono anni difficili, in cui sembrano sopravvivere solo la musica leggera, il rock commerciale di Vasco Rossi e Ligabue e il movimento pop punk ispirato alle nuove band americane (Green Day, The Offspring, Blink 182 e tante altre).

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La musica d’autore, in molti artisti, soffre di una duplice crisi: la prima è quella dovuta ad un pubblico legato ai vecchi “cavalli di battaglia” di artisti come De Gregori, Guccini, Venditti e via dicendo, che si vedono costretti a fare esibizioni live improntate sui vecchi successi degli anni ’60, ’70 e ’80 e ad eseguire le prime ristampe dei primi album. La seconda, che rimane legata alla prima, è il passaggio quasi inosservato delle produzioni di questi cantautori sul fine anni ’80 e inizio anni ’90. A parte De André, che gode ancora di buona fama con nuovi lavori e collaborazioni, altri cantautori soffrono per non riuscire a far affermare le loro nuove canzoni e per avere dei fan troppo legati ai successi del passato.

La soluzione sarebbe quella di innovare, ma non tutti ne hanno voglia perché, si sa, sperimentare significherebbe sia correre il rischio di perdere quel pubblico preso nei 20/30 anni precedenti, che rischiare di non riuscire a dargli gli stimoli per ascoltare incisioni con sonorità totalmente differenti da quelle passate. Si avverte una crisi di idee e composizioni, ma c’è chi prova a dare una scossa al movimento rock e autoriale italiano. Nel 1991 i Gang pubblicano un album che unisce insieme le melodie del punk inglese anni ’70, gli strumenti del folklore italiano e anche suoni legati ad altre culture (canti gitani, delle tribù amazzoniche e relative sonorità). Esce Le radici e le ali, un disco che sconvolgerà la musica italiana e darà vita ad un nuovo genere, il combat folk (in cui poi troveremo, tra i maggiori esponenti, band come Bandabardò, Banda Bassotti e Modena City Ramblers).

L’album è un’esplosione di suoni, si sentono le chitarre distorte tipiche del punk inglese, di stampo The Clash. Ad esse si alternano strumenti e sonorità della musica folk italiana, legata a quella terra marchigiana da cui nascono Marino e Sandro Severini e il fisarmonicista Andrea Mei, ma senza trascurare l’incontro con altre culture: in canzoni come Johnny lo zingaro e Chico Mendes, spiccano canti e musiche legate alle tradizioni gitane e delle tribù dell’Amazzonia.

Si comprende l’importanza del compiere un viaggio verso il cambiamento. Ad inizio disco, la voce dell’attore Ireneo Petruzzi recita le parole di Esilio, un brano intenso che fa da preludio per i testi presenti nel resto dell’album. Infatti, finita questa prima canzone, ci sono due capolavori del rock militante dei Gang: Socialdemocrazia e Bandito senza tempo. La prima, cantata al concerto del Primo Maggio del 1991, costò una querela alla band, una canzone che è un attacco all’Italia che sta nascendo, segnata dalle prime avvisaglie di Tangentopoli e dalla discesa in politica di personaggi e partiti molto controversi. Forse per far calmare le acque, appare nel disco anche Bandito senza tempo, senza alcun dubbio il pezzo più celebre dei filottranesi e inno ad una lotta non violenta e più legata alle parole che ai gesti, narrando le storie dei banditi citati nel pezzo (Gaetano Bresci, Pietro Cavallero, Renato Curcio e Joe Strummer). 

Subito dopo queste due canzoni, (ri)appaiono quelle dedicate ad un esponente della comunità rom, Giuseppe Mastini, e all’attivista brasiliano Chico Mendes. Poi si passa a due inni della discografia dei Gang, Oltre e La lotta continua. Il primo pezzo è un inno alla libertà, un invito a non temere di andare oltre il male e il dolore per raggiungere i propri sogni e il futuro. Mentre il secondo riprende il motto e il nome del giornale di estrema sinistra Lotta Continua, il testo va quindi a ripercorrere gli ideali di sinistra e i luoghi in cui sono in corso delle rivoluzioni sociali e politiche (Cuba, Nicaragua, Palestina, Sudafrica ed El Salvador).

Sempre seguendo il filone delle ultime due canzoni citate, nel disco arrivano altri due classici del canzoniere dei Gang, due canzoni legate alla storia italiana: Le radici e le ali, in cui viene raccontata l’attualità di un vecchio partigiano che, dopo aver combattuto, si ritrova sfiduciato dalla condizione della sinistra nei primi anni ’90. Ombre rosse è una canzone di rinascita e redenzione, dove ci si augura di dare vita ad una sinistra aperta al dialogo e meno conflittuale rispetto a quella degli anni di piombo.

Si arriva così alle ultime tre canzoni del disco, che vertono intorno al tema dell’utopia, ognuna prendendo un campo specifico: Sud parla della migrazione di molti italiani che, per vivere una vita dignitosa, si allontanano da casa e cercano un futuro migliore sia nel nord Italia che in altre nazioni europee. In questa canzone la realtà distrugge l’utopia, lo sfruttamento sul lavoro e le pessime condizioni di vita, fanno crollare i sogni di chi ha viaggiato nella speranza di una vita migliore.

Invece, in Chicco il dinosauro, emerge la rabbia di chi vede crollare un intero sistema di idee e convinzioni, ma senza accettare che tutto ciò possa essere reale e quindi il desiderio di un uomo, appartenente al credo di un domani differente, crolla nella follia di un presente diverso da ciò che in passato aveva sperato. E il disco si chiude con una canzone che invita, nonostante l’attualità complicata, a credere nei bagliori del domani nella notte in cui si è sprofondati. Che dare? è un canto di speranza, ma che cela dentro di sé la delusione per come il vento abbia reso oscuro il presente e chiede con rabbia “al Dio di questo inferno/Che dare ancora al cielo”, a significare come tutti i sacrifici e i sogni si stiano sgretolando sotto il peso della realtà e diventa una preghiera verso un insperato ideale di cambiamento.

Nel 1991, la musica italiana conosce la sua rivoluzione, soprattutto nei panorami del rock e nella canzone d’autore, perché Le radici e le ali dà vita ad una nuova stagione della scena musicale italiana. Una scena in cui la tradizione del folk italiano incontra i testi rivoluzionari del punk e che porta altre band a seguire l’esplorazione sonora perseguita dai Gang, ispirata a ciò che fecero i The Clash un decennio prima con gli album London Calling e !Sandinista!.

L’album invita, nella sua denominazione, a tener conto delle radici, da dove si parte, e di usarle come primo passo per arrivare alle ali, quindi a saper volare verso nuovi orizzonti e a innovare sé stessi, ma senza mai dimenticarsi del proprio passato e di tutto quello che fa parte della tradizione. C’è un prima e c’è un dopo Le radici e le ali, nella storia della musica contemporanea italiana, perché i Gang hanno innovato due generi in crisi e dato vita con successo ad una nuova stagione della musica italiana, una primavera fatta di sogni, rinascita e di un passato che vuole dare certezze ad un futuro sempre più in bilico.

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