“Se qualcuno dichiara di avermi fornito informazioni segrete, il crimine lo ha commesso lui, non io.”
Certamente di donne trasgressive e un po’ “fuori dagli schemi” nel corso della storia ce ne sono state tante, ma ben poche possono vantarsi di riuscire a competere con Margaretha Geertruida Zelle, meglio conosciuta come la famigerata Mata Hari, colei che fu in grado di irretire mezza Europa solamente grazie al suo fascino. C’è addirittura chi l’ha considerata la donna più pericolosa della Prima Guerra Mondiale, un simbolo di perdizione e miseria al tempo stesso.
Alla domanda “conosci Mata Hari?”, in tanti rispondono semplicemente che ha lavorato come spia. Eppure, era molto più di questo; o meglio, è stata anche questo. Su di lei sono circolate innumerevoli voci, pettegolezzi, leggende e malelingue, sia passate che moderne: una danzatrice? Un’avventuriera? Una femme fatale doppiogiochista? Sono molteplici gli epiteti e i ruoli che le sono stati affibbiati nel corso dell’ultimo secolo, dove il confine fra verità e leggenda inizia a diventare molto labile. Stando a ciò che lei stessa aveva raccontato riguardo la sua vita, pareva che avesse origini orientali e che avesse trascorso la giovinezza a viaggiare tra India, Indonesia e Africa, imparando religioni e lingue diverse, rituali magici, culture misteriose e balli incredibilmente esotici; tuttavia, la realtà era ben diversa.
Margaretha non aveva avuto una vita semplice, motivo per cui aveva cercato di cancellare per sempre quei brutti ricordi, cucendosi addosso quel personaggio al limite del profano che le sarebbe sopravvissuto per sempre. Quando nacque nel 1876 a Leeuwarden, nei Paesi Bassi, la sua famiglia stava attraversando un momento di grande benessere, dato che il padre possedeva un negozio di cappelli che gli aveva consentito di acquistare un piccolo palazzo nel centro della città. La fanciulla studiò in una scuola prestigiosa e crebbe nel lusso fino all’età di 14 anni, quando gli Zelle subirono un tracollo finanziario. Infatti, sembra che il padre non fosse molto a suo agio con l’attività di commerciante, poiché aveva man mano dilapidato tutte le sostanze di famiglia nelle case da gioco e fu costretto a dichiarare il fallimento.
Il dissesto economico provocò numerosi dissapori, tanto che i genitori si separarono e il padre si trasferì ad Amsterdam. La madre morì l'anno dopo, pertanto Margaretha, appena adolescente, venne mandata nella cittadina di Sneek a casa del suo padrino.
Seppur ancora molto acerba, possedeva già alcune delle caratteristiche della futura Mata Hari: per via della peculiarità del suo aspetto, così diverso da quello delle altre ragazze olandesi, l’incarnato olivastro e i grandi e profondi occhi scuri le donavano una certa aria esotica che attirava non poco l’attenzione. Anzi, pare che queste eccessive attenzioni, per non parlare proprio di molestie, avessero spinto il suo padrino a ritirarla dalla scuola, per sottrarla alle grinfie del preside del collegio; naturalmente, la notizia fece scandalo, così iniziarono a girare le prime malignità sul suo conto, sostenendo che, in realtà, fosse stata lei a provocare la libidine dell’uomo con atteggiamenti poco ortodossi.
C’era una sola via per mettere a tacere tutte quelle malelingue: matrimonio. Così, in fretta e furia Margaretha decise di sposarsi “a distanza”, accettando una proposta comparsa su un giornale. Uno sposalizio al buio, per così dire. All’epoca, infatti, era prassi comune che alcuni ufficiali venissero mandati nelle sperdute colonie orientali e che, una volta laggiù, sentissero nostalgia di casa, motivo per cui preferivano cercarsi una moglie del loro stesso paese “per corrispondenza”, piuttosto che un’indigena locale, un po’ come ironicamente si racconta nel film Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata, con Alberto Sordi e Claudia Cardinale.
A cercare una sposa era il Capitano olandese Rudolph Mac Leod, il quale inviò dei soldi alla ragazza per raggiungerlo in Indonesia. Tuttavia, ciò non rappresentò la fuga che Margaretha aveva tanto sperato: ebbero due figli, ma il marito era un alcolizzato violento e spesso la accusava di non aiutarlo nella sua scalata nei gradi dell’esercito, picchiandola brutalmente. Dopo essere stato promosso, nel 1898, iniziò a trascorrere molto tempo fuori casa, probabilmente con altre amanti, così Margaretha fu libera di sperimentare di più la vita mondana indonesiana, venendo per la prima volta a contatto con le caratteristiche danze locali da cui rimase affascinata.
L’anno successivo il primogenito della coppia morì, provocando la rottura definitiva del matrimonio. Le cause del decesso non sono mai state chiarite: alcuni sostennero che fu una domestica ad avvelenarlo, forse per errore o per vendetta, altri, invece, asserirono che il bimbo venne ucciso dai pesanti medicinali contro la sifilide, malattia che gli era stata trasmessa dagli stessi genitori. Quali che fossero le motivazioni, nel 1902 i coniugi Mac Leod fecero ritorno in Olanda, dove si separarono definitivamente. Il marito riuscì a ottenere la custodia dell’unica figlia rimasta, che avrebbe tagliato per sempre i ponti con la madre; pertanto, a 26 anni Margaretha si ritrovò sola e senza un soldo.
Priva di mezzi se non della sua bellezza, la giovane tentò la fortuna a Parigi. Inizialmente visse nell’estrema povertà, facendo la modella di nudo per alcuni artisti, forse anche prostituendosi, dopodiché accettò di diventare una delle amazzoni di una scuola di equitazione di un impresario di un circo, tale Molier; fu proprio durante una serata a casa di quest’ultimo che Margaretha si esibì quasi per gioco in una replica delle danze orientali a cui aveva assistito in Indonesia, creando delle movenze del tutto particolari poiché riuscì a mescolare perfettamente lo stile europeo con quello asiatico. Ottenne un successo strepitoso: in brevissimo tempo, iniziò a danzare nelle dimore private e la sua fama si estese a tal punto che la gente accorreva in massa per assistere a uno spettacolo di “Madame Mac Leod”. Tuttavia, quel nome, troppo borghese, non rispecchiava affatto il ballo sensuale di Margaretha, così, quando Monsieur Guimet, collezionista di arte orientali, la notò, decise di farla esibire nel suo museo, ribattezzandola con il nome con cui sarebbe poi passata alla storia: Mata Hari, ossia “Occhio dell’Alba” in malese.
Fu la svolta della sua vita. Margaretha Geertruida Zelle scomparve per sempre, lasciando il posto a quel nuovo personaggio che sarebbe diventato una leggenda. Ella rappresentava il simbolo perfetto di quella gigantesca sbornia che fu la Belle Epoque, lussuriosa e amante della bella vita, con performance maliziose che quasi sempre finivano in veri e propri spogliarelli, ma senza mai scadere nel volgare, anzi in un perfetto connubio di grazia e sensualità. Artista sublime, ottenne la notorietà internazionale, arrivando persino a esibirsi al Teatro alla Scala di Milano. Non si poteva fare altro che restare a guardarla incantati, tanto che nel 1905 venne consacrata come “la donna che è lei stessa danza.”
“Un’avvenenza che sconfina nell’incredibile, con una figura dal fascino strano e dalle movenze di una belva divina, che si conduca in una foresta incantata.” – The Times
Intelligentissima, colta e poliglotta, Mata si calò perfettamente nel suo nuovo ruolo, risplendendo come un diamante nella fulgida opulenza della Belle Epoque. Grazie alla sua bellezza e notorietà, divenne oggetto di desiderio non solo di uomini facoltosi, ma anche dei sovrani di mezza Europa. Tuttavia, il tramonto di quel sogno a occhi aperti era appena dietro l’angolo: lo scoppio della Prima Guerra Mondiale irruppe con violenza nella storia e segnò l’inesorabile fine di quella sfavillante mondanità. Inizialmente, Mata non percepì alcun cambiamento drastico, proseguendo con la sua vita sfarzosa e circondata da ammiratori, convinta che quella non sarebbe stata altro che una guerra passeggera che si sarebbe conclusa rapidamente come tutte le precedenti. Tuttavia, non poteva ancora sapere che la sua fama di confidente di ufficiali poco dediti alla vita di caserma l'avrebbe resa appetibile dalle nazioni in conflitto come futura spia.
A questo punto la storia si mescola con la leggenda. Tutt’ora è in dubbio se sia stata prima la rete di spionaggio tedesca oppure quella francese a contattarla. Forse i tedeschi, da cui Mata ottenne molto denaro, due boccette di inchiostro simpatico e un nuovo numero di matricola: agente segreto H21. Il suo primo incarico ufficiale fu quello di fornire informazioni sull’aeroporto di Contrexéville, presso Vittel, in Francia, dove la donna si recò con la scusa di far visita a uno dei suoi amanti, il capitano russo Masslov, che era stato ricoverato nell’ospedale di quella città. Fu proprio mentre tentava di ottenere un lasciapassare che entrò personalmente in contatto con il capo del controspionaggio francese, il quale a sua volta le propose – è incerto se fosse per sorvegliarla meglio o già per neutralizzarla – di diventare una spia al servizio della Francia, dato che giravano voci sul fatto che fosse intimamente legata al principe imperiale tedesco, a cui avrebbe potuto estorcere numerose informazioni. Le offrì un milione di franchi e Mata, fragile, amante di una bella vita che non ritrovava più e facilmente ricattabile, accettò senza esitazioni; del resto, sono solo affari.
La sua attività di spia, condotta così spregiudicatamente su entrambi i fronti, non durò a lungo. Dopo una missione in Spagna, i servizi segreti tedeschi si resero conto del suo doppio gioco e telegrafarono alcune informazioni sull’agente H21 curiosamente ricche di dettagli, che furono intercettate dalla base di antispionaggio posizionata sulla Tour Eiffel. Infatti, durante la Prima Guerra Mondiale, il più famoso monumento parigino era stato trasformato nella sede di una sofisticata rete di intercettazione e trasmissione dei servizi segreti francesi; naturalmente i sistemi dell’epoca erano ancora alquanto imperfetti e si servivano delle onde lunghe, pertanto disporre di un così elevato punto d’ascolto poteva rappresentare un grande vantaggio sugli avversari. In tal modo, i messaggi fra Madrid e Berlino potevano essere captati ed essere trasferiti su dei nastri a cilindri di cera, per poi essere decifrati successivamente; in questo caso, l’ipotesi che i tedeschi avessero deciso di disfarsi di Mata è comprovata dal fatto che, nel passare informazioni su di lei, utilizzarono un vecchio codice di trasmissione, che era già stato decifrato dai francesi. Di conseguenza, risalire alla sua vera identità fu inaspettatamente semplice.
Agli inizi del 1917, Mata rientrò a Parigi e il 13 febbraio venne arrestata per alto tradimento. Il processo che ne seguì fu piuttosto travagliato, ricco di menzogne e colpi di scena; fin da subito ella si dichiarò innocente, giustificando le ingenti somme di denaro ricevute come doni dei suoi numerosi amanti. Tuttavia, pur non avendo delle concrete prove a suo carico se non dei messaggi cifrati, la Francia la condannò alla pena di morte. In un momento tanto delicato per il paese, stremato dalla guerra, con frequentissime diserzioni dall’esercito e la bruciante fine dell’illusione di una vittoria rapida, le autorità francesi avevano pensato bene di fornire in pasto all’opinione pubblica qualcosa su cui accanirsi per dimenticare i numerosi errori tattici commessi; Mata Hari, straniera e considerata una “mangiauomini”, incarnò il capro espiatorio perfetto, il vero nemico interno da eliminare.
Ormai caduta in disgrazia, una delle più conturbanti donne della storia accettò inesorabilmente la propria triste sorte. All’alba del 15 ottobre 1917, abbigliata con un elegante abito grigio perla, corsetto di pizzo, tricorno, guanti e cappotto blu, Mata Hari venne condotta presso il castello di Vincennes, dove fu fucilata da un plotone di esecuzione composto da dodici fanti.
“State sicuri che saprò morire senza paura. Farò quella che si chiama una bella morte!”
In seguito, i testimoni tramandarono che si comportò con estremo coraggio, una signora tutta d’un pezzo che rifiutò di farsi bendare gli occhi al momento dell’esplosione dei colpi. Degli 11 proiettili sparati contro di lei - un fucile, secondo le regole, era stato caricato a salve – solamente uno le fu fatale, colpendola dritta al cuore. Nessuno andò a reclamare la sua salma, nemmeno i numerosi amanti; anzi, in molti faticarono a riconoscere in quel corpo, ormai appesantito e invecchiato dalla guerra, la stessa donna dalla misteriosa bellezza che li aveva stregati per oltre un decennio. Alcuni la paragonarono metaforicamente all’Europa, prima splendida al centro del mondo, convinta di poterlo dominare per sempre, e poi indebolita e stremata dal conflitto.
Senza dubbio, con la sua vita appassionata e stravagante, Mata Hari ha lasciato un segno indelebile nel corso della storia. Tutt’ora è tradizionalmente considerata la prima donna a essere riconosciuta come agente segreto, il cui soprannome era destinato a diventare ai giorni nostri un sinonimo di fascino e mistero. Ad oggi sappiamo che il dossier riguardante il suo caso, prima fra i documenti secretati presso il castello dove è morta, è ormai disponibile agli esami degli studiosi; addirittura pare che l’Olanda abbia posto formalmente richiesta alla Francia per la riabilitazione della sua figura. Persino Samira Efendi, cantante azera, si è esibita all’Eurovision Song Contest 2021 proponendo un brano dal titolo “Mata Hari.”
I quesiti sui motivi per cui Margaretha si sia esposta ad un doppio gioco tanto pericoloso rimarranno per sempre irrisolti. Sprezzo del pericolo? Sete di denaro? Ingenua e poco calcolata valutazione dei rischi? Ogni versione della storia ha le sue teorie e probabilmente non sapremo mai la verità. Alcuni raccontano perfino che non vi fu spionaggio alcuno e che la donna fosse davvero innocente, essendo stata manipolata dagli uomini di potere come una marionetta.
Quale che sia la realtà dei fatti, sicuramente Mata si illuse di poter giocare su più tavoli dello scacchiere spionistico internazionale, riuscendo a passare sia come un’ignara vittima che come una spietata doppiogiochista. Ed è proprio per il suo essere stata così spregiudicata che l’interesse per la sua travagliata vicenda non si è mai placato: molte attrici famose come Greta Garbo, Sylvia Kristel e Marlene Dietrich hanno vestito i suoi panni sul grande schermo, calandosi perfettamente nella parte.
Una cosa è certa: Margaretha è morta nel 1917, tuttavia Mata Hari le è sopravvissuta e continuerà a riecheggiare a lungo nell’immaginario collettivo come uno dei più grandi simboli di mistero, coraggio e anticonformismo tutto al femminile.
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