My my, hey hey
Il rock’n’ roll è qui per restare
È meglio bruciare subito che svanire lentamente
Con queste parole Kurt Cobain si toglie la vita il 5 aprile 1994 a soli ventisette anni. Sono le parole con cui il cantautore canadese quindici anni prima cercava di rovistare nelle pieghe di un'anima svuotata, ritrovando la fede nel rock 'n roll che proprio da pochi anni era rimasto orfano da chi per primo ne aveva esaltato la forza e reso grande, Elvis Presley. Queste parole di speranza, seppur disillusa, diventarono il biglietto d'addio di un suicida, colui che più di tutti aveva raccolto i frutti della musica di Neil Young eletto così a padrino della scena grunge di Seattle, di cui Cobain è stato l'icona più rappresentativa. Sleeps with Angels esce qualche mese dopo, e non può che essere influenzato dalla portata di tale avvenimento; se ne ricava uno degli album più cupi, insoliti e oscuri del "Loner" di Toronto. Se qualche anno prima con Freedom (1989) , Ragged Glory (1990) ed Arc Weld (1992) dava alla luce gli eredi di Everybody Knows This Nowhere (1969) e Zuma (1975), con quelle inconfondibili scorribande di chitarra "sporca e grezza" che ne hanno fatto il suo marchio di fabbrica, e con lo struggente Harvest Moon (1992) ci regalava un dignitoso erede di Harvest (1972), Sleep with Angels è soprattutto per stato d'animo, colmo di dolorosa malinconia e depressione, l'erede di On the Beach (1974) e Tonight's the Night (1975).
"Giù nella valle, il pastore vede, Il suo gregge è vicino, E nel cielo notturno, cade una stella dalla mano di qualcuno". È con queste parole che entriamo nel disco: una scena notturna pastorale è abbinata a un pianoforte solitario del vecchio West, e il vibrafono distante, una sorta di immagine di decadimento celeste.
Il modo di suonare dei Crazy Horse, la band che lo ha accompagnato da sempre, è insolito, nessun momento culminante di chitarre, e quando provano a spingersi in avanti suonano lente e conflittuali, questo crea costante tensione tra la musica e la voce di Neil, che pronuncia le parole più tristi che abbia mai scritto. In Blue Eden canta in un'elegia sofferta, "abbracciare, distorcere, sostenere, confortare, Ti convince, ti consola, ti controlla, ti distrugge, ovunque. Ti senti invincibile, è solo una fase della vita". La voce trema e tende a spezzarsi, il testo riassume sotto molti aspetti la vita dei giovani. Nella triste Driverby, nello slang americano "mitragliare dalla macchina", ci riporta al problema delle armi negli stati uniti, ci parla di ragazza uccisa casualmente "E' un atto casuale, capitato ad un fiore delicato, non riesco a credere che una mitraglia canti, ora lei se n'è andata come una stella cadente". In Train of Love, dolce ballata notturna, c'è un tema che ritorna in tutta la carriera di Neil Young, quello del matrimonio finito, parole malinconiche su una promessa ormai spezzata, ma che non può evitare il dolore di una parte di se ormai nell'altro, "Il treno dell'amore, viaggia da un cuore all’altro, è un po’ in ritardo, fermo dalle parti della solitudine, questo treno non mi investirà mai, mi porterà soltanto dove sono diretto, è parte di me e parte di te, io sarò sempre una parte di te."
La title track è quella che più di tutti ci riporta direttamente a quel 5 aprile 1994, lo spettro di Cobain aleggia nei riverberi di chitarra e la voce si fa piena di tensione, è l'addio post-grunge proprio da colui che ne aveva gettato le fondamenta. "Lei non era perfetta, lei era paranoica, lui non era preoccupato, alla fine non era solo (troppo tardi), lui dorme con gli angeli (troppo presto), lui sarà sempre nei pensieri di qualcuno, lui dorme con gli angeli (troppo tardi), lui dorme con gli angeli (troppo presto)".
Con Change Your Mind, il pezzo epico dell'album, ci regala una delle più grandi cavalcate della sua carriera e degli anni 90, poesia di 14 minuti dove Young si mostra maestro di atmosfere oscure della chitarra e della cruda vulnerabilità emotiva, le chitarre sbandano ed esplorano la tragedia moderna e il declino con triste e poetica rassegnazione.
Neil Young darà dimostrazione ancora un paio di anni dopo della sua capacità di creare atmosfere oscure e di tensione, nella sperimentale colonna sonora del film Dead Man di Jim Jarmush, tornerà alle grandi cavalcate elettriche dei primi album con i Crazy Horse nel più recente Psichedelic Pill (2012), ma non ritroveremo più in nessuno dei suoi album una catarsi emotiva così profonda e straniante.
Bisogna aggiungere che Neil ha fatto ben poco per promuovere l'album dopo la sua uscita, nessuna intervista o tour. Invece, ha lasciato che la musica parlasse da sola. Il risultato è che l'album è diventato in qualche modo trascurato nel pantheon della sua opera, nessuna canzone si colloca tra le più famose del suo catalogo, ma queste prendono forza soprattutto nel suo insieme. Anche la scelta di lasciare fuori una canzone come Philadelphia, scritta per l'omonimo film di successo non ne aiutò la diffusione e seppur la sua reputazione tra i fan è accresciuta negli anni, rimane tutt'ora una gemma sottovalutata e trascurata della sua carriera.
Arriva il mattino e c'è un odore nella stanza
Il profumo dell'amore, più di un milione di boccioli di rose
Dev'essere chi ti ama ad abbracciarti con questo
Dev'essere chi possiede il magico tocco che riesce a farti cambiare idea
Manuel è davvero bello questo articolo!!