La storia di Philippe Petit è una di quelle storie che ci ricorda di quanto l’uomo possa compiere delle imprese incredibili, e di quanta bellezza ci sia nell’andare oltre ciò che sembra impossibile.
A 17 anni, nella sala d’attesa di uno studio dentistico incrocia per la prima volta quello che sarebbe diventato il più grande progetto della propria vita: compiere la traversata del World Trade Center, all’epoca si parlava di due torri che sarebbero state costruite di lì a poco.
Nato a Nemours, a sud di Parigi, il 13 agosto del 1949, da una famiglia medio-borghese, Philippe Petit dimostra ben presto un’incredibile attitudine all’arte e alla creatività, a soli sei anni annuncia alla famiglia che sarebbe diventato un regista teatrale e impara da sé l’arte del gioco di prestigio. Per dieci anni studia scherma, teatro, scultura, falegnameria ed equitazione, ma è all’età di 17 anni che si inizia al funambolismo da autodidatta.
A 18 anni, dopo esser stato cacciato da cinque differenti scuole, molla quella che era stata la sua vita fino ad allora per fare l’artista di strada.
Il suo palcoscenico diventa “quel che sta sopra”, quel pezzo di vita che c’è tra terra e cielo, e inizia così a farsi spazio nel mondo.
Philippe, con il sogno di compiere l’impresa del World Trade Center, nel frattempo nel 1971 tende una corda tra i due campanili della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, e attraversa le due torri. Questa è la prima impresa da funambolo, sotto gli occhi di una città estasiata e spaventata da quel ragazzino che osa sfidare la sorte e la polizia. Quello è anche il primo di una lunga serie di arresti in cui incorre: se ne conteranno addirittura cinquecento. Uno dei più famosi avviene nel 1973, quando viene fermato dalla polizia, dopo aver attraversato i piloni dell’Harbour Bridge a Sydney. Non pago attraversa le cascate del Niagara, il Superdome a New Orleans e le guglie della Cattedrale di Laon.
Giunto a New York nel 1973, si rende conto di quanto sia ai limiti dell’impossibile l’impresa che vuole realizzare.
Non solo la traversata delle due Torri, ma anche riuscire a portare tutta l’attrezzatura necessaria senza farsi scoprire. Ma Philippe Petit non ha timore di affrontare le difficoltà e alle ore 07:15 del 7 agosto del 1974, raggiunge la Torre Nord, aiutato da alcuni complici, e inizia l’impresa. Sotto ai suoi piedi il vuoto, sorretto da un cavo di acciaio spesso circa 3 centimetri, sospeso a 417,5 metri dal suolo.
La traversata dura circa 45 minuti, tempo in cui Philippe percorre il cavo per più di otto volte, avanti e indietro, sotto lo sguardo attonito del pubblico formatosi ai suoi piedi, a cui rivolge più volte saluti e omaggi.
Il tutto aiutato solo da un’asta per l'equilibrio e del tutto privo di sistemi di sicurezza; alla fine della sua performance la polizia lo arresta, ma il procuratore distrettuale fa cadere le accuse, decisione presa anche grazie alla copertura mediatica che questo evento attira su di sé.
Dopo l'accaduto, l'Autorità portuale di New York e New Jersey concede a Philippe Petit un pass a vita per il punto panoramico delle Torri Gemelle.
La storia di Philippe Petit ha ispirato, come spesso accade, molti registi che, interessati da questa impresa titanica, hanno scritto su di lui storie e sceneggiature.
Uno dei progetti che più ha emozionato il pubblico è stato il film The Walk uscito nel 2015 diretto da Robert Zemeckis, con protagonista Joseph Gordon-Levitt nei panni di Philippe Petit. L’attore ha conquistato pubblico e critica con la propria incredibile interpretazione, dovendosi destreggiarsi nell’arte funambola per la prima volta nella propria vita. Al suo fianco, ad interpretare Annie, la donna della vita di Petit, l’attrice canadese Charlotte Le Bon.
C’è della magia dietro a questa incredibile storia, un racconto di determinazione, sogni e un pizzico di follia, ma cosa saremmo senza altrimenti?
“Una traversata sul filo è una metafora della vita, c’è un inizio, una fine, un progresso… E se si fa un passo di lato… Si muore” questo diceva Petit quando gli veniva chiesto il perché della sua arte.
Nel corso della propria vita Philippe Petit si è ritrovato a dover far fronte a non pochi ostacoli: hanno tentato di fermarlo e dissuaderlo più e più volte, ma ha portato avanti con coraggio la propria missione.
Non esiste un sogno che sia sbagliato, siamo fiamme che non devono mai smettere di bruciare.
Philippe nel percorrere quel cavo a 400 metri di altezza, non pensava al vuoto sotto i suoi piedi, ma alle nuvole che in quel momento non erano più così lontane.
Adoroooo