Quella volta nel 1975 in cui Keith Richards e Ron Wood furono arrestati in Arkansas per possesso di stupefacenti e rischiarono il ritiro dei visti.
“Perché ci fermammo a pranzo al ristorante 4-Dice di Fordyce, in Arkansas, nel fine settimana del Giorno dell’indipendenza? Perché ci fermammo, e basta? Come se non avessi imparato nulla dopo dieci anni passati a scorrazzare in auto per la Bible Belt. A Fordyce, un paesino minuscolo, con i Rolling Stones in cima alla lista nera della polizia da un capo all’altro degli States. Tutti gli sbirri volevano arrestarci, con qualunque mezzo, così da ottenere una promozione e ripulire patriotticamente l’America dai frocetti inglesi. Era il 1975, un’epoca di scontri e barbarie. La stagione di caccia agli Stones era stata aperta ai tempi del nostro ultimo tour, il tour del ’72, noto come STP, o Stones Touring Party. Il Dipartimento di stato aveva riscontrato disordini (vero), disobbedienza civile (vero anche questo), sesso illecito (qualunque cosa fosse) e sommosse in tutto il paese. La colpa era nostra, poveri menestrelli.”
L’autobiografia Life di Keith Richards inizia con queste parole. E l’aneddoto di cui voglio parlare oggi è proprio quello dell’arresto del 1975, ritenuto così significativo da essere scelto come episodio d’apertura di un volume che per il resto segue un rigoroso ordine cronologico.
Gli Stones calcano ancor ai palchi celebrando nel 2022 i 60 anni di carriera e stasera saranno in scena a San Siro. Nel 1975 erano giovani. Almeno per gli standard odierni, visto che avevano da poco superato i trent’anni e all’epoca il rock era considerato roba da ventenni. In tour facevano casino e proprio nel 1972, nel corso di quell’STP a cui si riferisce Richards, era stato girato il documentario Cocksucker Bluesdiretto da Robert Frank: il film voleva descrivere la band in modo autentico su e giù dal palco e quindi telecamere venivano sparse ovunque e chi voleva poteva raccoglierle e riprendere. Rimane celebre il filmato di Keith Richards e del sassofonista Bobby Keys che gettano un televisore dalla finestra del decimo piano di un hotel di Los Angeles sulla Strip. Non c’è da stupirsi insomma se negli USA di quegli anni non fossero graditissimi, specie per un tour che vedeva tra i momenti più coreografici l’entrata in scena di un fallo gigante gonfiabile, poi proibito dalle autorità in diverse le date.
Bill Carter, l’avvocato della band, aveva condotto per anni trattative col Dipartimento di Stato e l’Ufficio Immigrazione per far riammettere la band negli USA e il 1975 è il momento buono. Chiaramente i visti, ottenuti con tanta fatica, sono revocabili in caso di violazione di alcune leggi, in particolare inerenti il possesso e consumo di stupefacenti. Nel frattempo qualcosa è cambiato anche nella lineup dei Rolling Stones col chitarrista Ron Wood che sostituisce Mick Taylor, uscito dal gruppo per sottrarsi alla spirale di tossicodipendenza in cui è precipitato. In realtà Wood ha già collaborato all’ultimo album It’s Only Rock’n Roll, però non è ancora certo al cento per cento di restare e infatti il suo ingresso ufficiale sarà annunciato solo alcuni mesi dopo. Wood sarà in effetti, dopo Taylor, il secondo e ultimo componente a entrare a tutti gli effetti nei Rolling Stones a fianco dei membri originali perché quando a inizio anni ‘90 si ritirerà il bassista Bill Wyman e in seguito -più recentemente - verrà a mancare il batterista Charlie Watts, saranno rimpiazzati da turnisti.
Ma si parlava di arresto in Arkansas: Richards e Wood legano subito moltissimo e decidono di effettuare uno spostamento in auto invece che con l’aereo della band, avendo a disposizione un giorno libero.
Riprendiamolo dal racconto di Richards: l’avvocato: “Ci aveva informato che l’Arkansas aveva recentemente tentato di bandire il rock’n’roll per legge. (Mi sarebbe piaciuto leggere la formulazione dell’articolo: “Laddove vi fossero quattro battute per ogni misura, ripetute con insistenza e ad alto volume...”.) Ed eccoci là, a zonzo per le strade secondarie dell’Arkansas, a bordo di una Chevrolet Impala gialla, nuova di zecca. In tutti gli Stati Uniti, non c’era forse luogo più assurdo dove sostare con un’auto stracolma di droga – una comunità rurale chiusa e conservatrice, poco incline ad accogliere forestieri dall’aspetto insolito. In auto con me c’erano: Ronnie Wood; Freddie Sessler e Jim Callaghan, per molti anni capo del nostro servizio di sicurezza. Stavamo percorrendo i seicentoquaranta chilometri da Memphis a Dallas, dove il giorno dopo avremmo tenuto un concerto al Cotton Bowl. Jim Dickinson, il ragazzo del Sud che aveva suonato il piano in Wild Horses, ci aveva assicurato che il paesaggio offerto da Texas e Arkansas valeva il viaggio in automobile”.
Cosa succede a questo punto? Si fermano in una tavola calda di questo paesino di nome Fordyce di poco più di 4.000 abitanti e sostano un’eternità in bagno, probabilmente a farsi, finendo per attirare l’attenzione degli autoctoni.
Quando i quattro escono dal locale e ripartono dal parcheggio, un’auto nera priva di targa aziona una sirena e li ferma. Richards indossa un berretto in jeans con tasche piene di sostanze che agita in segno di saluto per far volar via la roba senza dare nell’occhio. Verranno accusati di ben venti metri di guida pericolosa e di arma nascosta perché Keith tienein vista sul sedile il proprio coltello da caccia. Sulla base di queste due infrazioni, i poliziotti apriranno il bagagliaio trovando cocaina in una borsa. Non verranno effettuate perquisizioni più approfondite dell’auto che trabocca di droghe: cocaina, marijuana, peyote, mescalina, hashish e Tuinal.
Richards e compagnia seguono i poliziotti in un parcheggio sotterraneo del municipio e, lungo il tragitto, gettano dal finestrino tutto ciò che possono. Decidono che addossare la colpa della borsa piena di eroina a Freddie Sessler fingendo che sia un autostoppista che hanno raccolto lungo il tragitto, sia funzionale al distogliere l’attenzione dalla band. Appena arrivati, Richards e Freddie vanno al bagno non scortati e si disfano negli sciacquoni di tutta la roba che hanno ancora addosso con tanto di pastiglie di Tuinal che cadono a Sessler e rotolano ovunque sul pavimento.
È sabato pomeriggio e per procedere bisogna rintracciare l’avvocato degli arrestati Bill Carter che è a una grigliata e il giudice che deve convalidare l’arresto e si sta dedicando a un partita a golf.
Quando finalmente i due arrivano è ormai sera. Il giudice è ubriaco e il capo della polizia che se ne avvede è furioso. Appena iniziata l’udienza, tra l’altro, il magistrato la sospende per andare di fronte al tribunale ad acquistare una bottiglietta di Bourbon che nasconderà sotto un calzino e che periodicamente estrarrà per sorseggiare nel corso del procedimento.
Legalmente il succo della vicenda è se ci fossero o meno i presupposti per la perquisizione che ha portato al rinvenimento della cocaina nel bagagliaio. Prevale la tesi di Carter secondo cui questa fosse illegale. Per Sessler viene pagata la cauzione e se la cava, quanto agli altri la guida pericolosa viene risolta con una multa e la detenzione del coltello col regalo dello stesso al giudice.
Per una serie di circostanze quantomeno particolari, un episodio che avrebbe potuto segnare un periodo di detenzione e il ritiro dei visti per due degli Stones, finisce invece in un’uscita trionfale con tanto di Richards in posa sullo scranno del giudice col martelletto in mano che sentenzia alla presenza della stampa: “Il caso è chiuso” e scorta alle due di notte verso l’aereo che li attende per Dallas.
La Chevrolet Impala, ancora piena di sacchetti di droghe di ogni tipo nascosti sotto i pannelli di rivestimento, è rimasta nel garage sotterraneo del municipio.
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