Francis Crick e James Watson. Sono due fra i nomi più famosi nella storia delle scoperte scientifiche: a loro si deve, infatti, la scoperta della struttura a doppia elica dell’acido desossiribonucleico, il DNA, sede del patrimonio genetico degli esseri viventi.
Eppure non tutti sanno che insieme a questi due nomi dovrebbe esserne ricordato un terzo: quello di Rosalind Franklin.
Nata nel 1920 nel quartiere londinese di Notting Hill, Rosalind decise molto presto di seguire le orme del padre scienziato e la prima resistenza che incontrò fu proprio quella del genitore, che non la riteneva un’occupazione adatta a una donna. La giovane, invece, superò tutti i test di ammissione all'Università di Cambridge e, nel 1941, si laureò in Scienze Naturali.
Dopo la fine della guerra, Rosalind Franklin si trasferì a Parigi, dove divenne un’esperta di cristallografia, la tecnica che consiste nel determinare la struttura tridimensionale di un cristallo, e concentrò i suoi studi sulla diffrazione dei raggi X. Lì rimase fino al 1951, quando tornò a Londra per entrare nell'unità di ricerca in biofisica del King's College, a quei tempi impegnata nello studio del DNA.
Si trattava, però, di un ambiente maschilista e poco incline a riconoscere a una donna i suoi meriti, tanto più che la ragazza non era per nulla interessata a mettere in risalto i suoi attributi fisici, ma preferiva contraddistinguersi per la sua competenza e si rifiutava di cedere i risultati del proprio lavoro al proprio superiore Maurice Wilkins. Tutti questi motivi, le valsero presto il soprannome "la terribile Rosy".
Nonostante il clima così ostile, tuttavia, Rosalind riuscì a perfezionare la sua tecnica, al punto di arrivare, nel maggio dell’anno successivo, a dare vita a quella che è stata definita “la fotografia più importante mai realizzata”, ovvero il cinquantunesimo dei suoi tentativi, che sarebbe passato alla storia come “Photo n.51”. L’immagine, un quadrato con appena dieci centimetri di lato, immortalava una fibra di acido desossiribonucleico, in cui appariva evidente una “X”, che permise di capire che il DNA era fatto di due molecole intrecciate tra loro a doppia elica; un risultato che molti scienziati in tutto il mondo inseguivano senza esserci mai riusciti.
Pur avendo capito che lo scatto era di fondamentale importanza, la donna non lo rese subito pubblico, proprio alla luce della feroce competizione tra ricercatori: anche i suoi colleghi Crick e Watson, infatti, stavano tentando di ricostruire l’aspetto del DNA. Wilkins, tuttavia, sapeva della sua esistenza e, di nascosto, ne diede una copia ai due studiosi, che se ne servirono per realizzare un modello tridimensionale e pubblicarlo sulla rivista “Nature”, attribuendosi ogni merito della scoperta e senza mai fare riferimento al lavoro di Rosalind. Non lo fecero nemmeno dieci anni dopo, quando, proprio per aver reso nota la struttura a doppia elica del DNA, vennero insigniti del Premio Nobel per la Medicina. La donna, nel frattempo, si era trasferita al Birkbeck College per dare il suo contributo nello studio di uno dei virus che causano la poliomielite, ma nel 1958 aveva scoperto di avere un male incurabile, probabilmente sviluppato proprio a causa dell'esposizione frequente alle radiazioni.
Anche se non avevano più nulla da temere, poiché il Nobel viene conferito solo a persone viventi, Crick e Watson non la nominarono nemmeno durante il loro discorso di ringraziamento alla cerimonia di consegna dei Nobel. Fu il suo collaboratore Aaron Klug, premiato con la massima onorificenza per la per la Chimica nel 1982 per lo sviluppo della microscopia elettronica cristallografica, a dedicarla alla memoria di Rosalind, dopo che la loro amica Anna Sayre aveva raccontato la verità in una biografia nella quale accusava di sessismo la comunità scientifica.
Solo recentemente, quindi, è stato attribuito il giusto valore agli studi, all’impegno e all’amato lavoro che condannò a una morte prematura la ragazza che scoprì il segreto della vita. La figura di Rosalind, volutamente oscurata per lungo tempo, è diventata da qualche decennio il simbolo delle discriminazioni delle donne nel mondo scientifico.
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