“Ora è nella notte il momento delle streghe, quando i cimiteri sbadigliano e l’inferno stesso alita il contagio su questo mondo.” – W. Shakespeare
“Sei proprio una strega.”
“Davvero? Grazie mille!”
Curiosa come risposta, se pensiamo al fatto che siamo abituati a considerare la figura della strega come una donna malvagia, brutta, goffa e ricoperta di stracci, che fa diavolerie con i suoi intrugli, capace di volare su un manico di scopa e di chissà quali altri incantesimi.
Fra le credenze più pittoresche c’è quella che narra come questi esseri malefici siano in grado di trasfigurarsi in creature demoniache, in primis nei gatti, animali per eccellenza associati al diavolo. Infatti, dopo essere stato venerato per millenni nell’Antico Egitto, il gatto, soprattutto quello nero, subì un declino nel corso del Medioevo e iniziò a essere visto come simbolo di sfortuna, poiché si riteneva che fosse la reincarnazione degli spiriti maligni. Probabilmente il collegamento con le streghe è dato dalla sua capacità di cadere sempre sulle zampe senza mai farsi un graffio, come se volasse. Da qui anche la leggenda delle nove vite del felino; secondo tale racconto, le streghe potevano trasformarsi per otto volte, poi la nona, l’ultima, si verificava solamente durante la Notte dei gatti, per la precisione il 17 agosto.
Ma siamo proprio sicuri che le streghe siano davvero come la società medievale e la Chiesa hanno cercato di dipingercele?
Tutt’altro. Anzi, chi pensa di proporre un insulto originale attraverso l’appellativo “strega” ha fatto male i suoi conti: tale parola deriva, infatti, dal latino stryx, ossia “strige”, uccello notturno simbolo del sapere, devoto ad una delle dee più famose della mitologia greca, Atena. Per questo l’essere considerata una strega va visto come un complimento, poiché fa riferimento ad una di divinità di grande saggezza. E non solo, ritroviamo la medesima etimologia anche nella parola sassone witch, che significa, appunto, “donna molto saggia.” La Dea pagana evoca la presenza femminile nella società, la figura di una donna forte, indipendente e sapiente, assolutamente contraria a ogni principio della Chiesa medievale; per questo si tenterà di distruggere questo ideale attraverso la caccia alle streghe, smembrando e uccidendo la Dea che albergava nei loro spiriti anticonformisti.
Le cosiddette streghe, dunque, altro non erano che donne un po’ ribelli, malviste da una società di rigide vedute mentali. Si poteva essere additata come strega in molteplici circostanze: per esempio se si era stata rifiutata dal proprio marito - padrone, oppure se si osava essere una fanciulla non più vergine e mai maritata, o ancora una malata di mente; le levatrici e le guaritrici, poi, che non potevano esercitare ufficialmente la professione di medico in quanto donne, costituivano il casus belli per eccellenza. Queste straordinarie figure femminili conoscevano gli usi medicali di molte erbe e piante, che venivano trasmesse di madre in figlia da tempi anteriori all’istituzionalizzazione del cristianesimo; eppure, questo prezioso sapere, in quanto incompreso e fuori dallo stretto controllo delle gerarchie clericali e dei governanti, cominciò a essere indicato come un tipo di magia. Le streghe-guaritrici utilizzavano analgesici, calmanti e medicine digestive, così come altri rimedi per diminuire i dolori del parto, opponendosi apertamente ai principi della Chiesa, secondo cui, a causa del peccato originale, le donne dovevano partorire con dolore. Per il clero, dunque, le guaritrici non erano altro che le discendenti maledette di Eva, la peccatrice che portava l’uomo sulla via della perdizione.
Attraverso la bolla “Super illius specula”, Papa Giovanni XXII, nel 1326, proclamò le streghe eretiche e quindi processabili e punibili con la morte. Attraverso le loro pratiche sospette, esse fungevano da capro espiatorio perfetto per giustificare le continue tragedie che colpivano la popolazione durante il Medioevo: ed ecco che le carestie e la peste trovavano il loro comune responsabile nella stregoneria. L’uccello notturno strige, così carico di significati benevoli nei tempi antichi, venne tramutato in una specie di vampiro che succhiava il sangue dei bambini nella culla e l’epiteto strega fu assegnato alle donne ritenute responsabili degli aborti.
Iniziò a circolare anche la voce secondo cui questi esseri malvagi si riunissero di notte per perpetrare i loro orrendi crimini; del resto, il famoso “sabba” era proprio questo, un rituale notturno che si svolgeva una volta a settimana nei luoghi più oscuri come i crocevia, i cimiteri o le foreste. Non poteva che essere presieduto dal demonio in persona, il quale assumeva una forma mostruosa: un uomo tutto nero orripilante con corna enormi, barba e gambe caprine, che comandava il rituale su un alto trono d’ebano. Prima le streghe si inginocchiavano e osannavano il diavolo, ripetendo la loro rinuncia alla fede cristiana, dopodiché ognuna praticava l’osculum infame (bacio sull’ano del demonio). Poi avveniva l’inverso di una comune messa cristiana: il diavolo teneva un sermone, diffidando i suoi seguaci dal tornare al cristianesimo e promettendo loro l’eternità. Il rito terminava con un crescendo di blasfemie: accoppiamenti tra il demonio e le streghe, un’eucarestia maligna, in cui si riceveva un oggetto nero e duro da masticare accompagnato da un liquido denso e nauseabondo, pasti rivoltanti, durante i quali venivano servite pietanze marce e carne di bambini; ed infine non poteva mancare l’orgia, in cui qualunque cosa era permessa, sodomia e incesto compresi.
Dalla banale superstizione all’accusa di stregoneria il passo era molto breve. Il terribile Tribunale ecclesiastico dell’Inquisizione, creato appositamente per la repressione delle eresie, aveva lo scopo di preservare la religione cristiana e reprimere qualunque forma di blasfemia.
Il processo alle streghe si divideva in tre fasi: la denuncia, l’inchiesta e, infine, il processo vero e proprio. La denuncia poteva pervenire sia da parte di un accusatore provvisto di prove, sia da parte di un soggetto senza prove, ma che godeva di buona fama. Dopo aver ricevuto le accuse, il giudice, senza avvertire in alcun modo l’indagata, avviava la fase dell’inchiesta e, davanti a un notaio, si faceva raccontare le accuse presentate. Bastavano appena due testimoni per ottenere una condanna, tant’è che venivano accettati anche i “nemici” della presunta strega, quali vicini sospettosi o mariti desiderosi di disfarsi di una moglie troppo anticonformista. In particolare, si faceva molta pressione sulle bambine, affinché arrivassero a denunciare le loro stesse madri.
Durante l’interrogatorio, ai testimoni venivano fatte molte domande sulle abitudini miscredenti delle indagate e nemmeno con l’introduzione dell’avvocato difensore la situazione divenne più favorevole; infatti, questi non agiva quasi mai per il bene della sua assistita, altrimenti i giudici avrebbero pensato che lo stesse manipolando. Si procedeva, poi, con l’arresto; per ottenere delle confessioni certe spesso veniva utilizzata la tortura, come la corda, la ruota, la frusta o la lapidazione. Alcune donne resistevano e venivano rilasciate, altre non ce la facevano e confessavano anche reati non commessi, pur di evitare di soffrire.
I metodi per verificare se una donna fosse una strega o meno erano molteplici e alquanto fantasiosi. La più usata era senza dubbio la “prova dell’acqua”, famosissima nella storia: la strega veniva gettata in un fiume o in un lago con una pietra appesa al piede; qualora fosse rimasta a galla, ciò avrebbe rappresentato la prova “lampante” che il demonio era dentro di lei. Un’altra prova era la ricerca del “marchio del Diavolo”, un punto del corpo, che poteva trovarsi ovunque, in cui la strega, punzecchiata da un ago, né avvertiva dolore né perdeva sangue.
Dopo aver estorto la confessione desiderata, si decideva come l’eretica dovesse essere uccisa in base al reato commesso: le accuse più utilizzate erano solitamente stregoneria, eresia, omicidio, avvelenamento o satanismo. Le modalità di esecuzione della pena, poi, erano di diversa natura e ognuna terrificante a modo suo: il rogo, l’impiccagione o lo schiacciamento da pietre.
Furono a migliaia le donne uccise durante quei folli secoli pieni di sangue e morte. Eppure, esse vanno ringraziate per il loro sacrificio: in poche parole, le streghe non furono altro che delle femministe troppo in anticipo sui tempi, anticonformiste e incomprese durante l’era più oscura dello scorso millennio. Ma è grazie a loro, alla loro “magia” e al loro sapere che ci è stato tramandato, se noi oggi possiamo sentirci più che fiere di essere un po’ “streghe”!
“Le streghe sono tutte donne. Non voglio parlar male delle donne. In genere sono adorabili. Ma tutte le streghe sono donne: è un fatto.” – R. Dahl, “Le streghe”
Bibliografia e sitografia:
A. Del Col, L’inquisizione in Italia dal XII al XXI secolo, Milano, Mondadori 2006
https://www.storieparallele.it/streghe-medioevo/
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