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SOUND OF METAL: IL GRANDE RUMORE CHE FA IL SILENZIO

Aggiornamento: 15 ago

Sound of Metal è una storia di rinascita, di scoperta, è un racconto fatto di musica e silenzi.

Al timone di questo progetto c’è il regista Darius Marder, che ha scelto di raccontare la storia di Ruben ispirandosi a quella dello sceneggiatore Derek Cianfrance, un batterista che soffre di acufene.

L’acufene è un disturbo dell’udito costituito da rumori come fischi, ronzii, fruscii, pulsazioni che l'orecchio percepisce come fastidiosi.

Una condizione che affligge molti musicisti, lo stesso Caparezza ha dedicato a questa sua condizione l’album “Prisoner 709” come abbiamo avuto modo di raccontare nella nostra recensione del suo concerto di Mantova.

Il film si apre con Ruben e Lou, due ragazzi immersi nella musica interpretati da Riz Ahmed e Olivia Cooke. I due sono i componenti di un duo rock: I Blackgammon, innamoratissimi e concentrati a vivere tra concerti e studio di registrazione.

Vivono percorrendo le strade dell’America e suonando in giro per club e locali, costruendo la propria vita accompagnati dall'instancabile suono del rock ‘n roll.

Ruben porta con sé un passato difficile di dipendenze da droga e alcol, ma che è riuscito a superare grazie alla musica e a Lou. Tutto sembra scorrere per il verso giusto, quando all’improvviso Ruben si accorge di avere dei veri e propri “vuoti di udito”, le sue orecchie sembrano spegnersi per dei momenti lunghissimi. Momenti che diverranno sempre più frequenti fino a rendere il giovane batterista completamente non udente.

Questo silenzio improvviso diventa per Ruben una condizione fisica inaccettabile e questo sentirsi completamente tagliato fuori dal mondo e lontano dalla musica diventa insostenibile.

Sarà la sua amata Lou a convincerlo ad unirsi a una comunità di persone non udenti, presieduta da un veterano della guerra del Vietnam, Joe (Paul Raci). Ruben è costretto ad un silenzio devastante, con il quale egli stesso non sa come combattere, lo vedremo attraversare un lungo percorso di accettazione.

Accettare una realtà che non è stata richiesta, una disabilità che costringe chi ne è affetto a imparare un nuovo modo di vivere la propria quotidianità.

Racconta di un improvviso temporale che sconvolge la vita, un silenzio che da un momento all’altro è capace di fare un gran rumore.

Il giovane batterista si troverà costretto ad un nuovo modo di comunicare, un nuovo modo di “ascoltare” il mondo che lo circonda, deve accettare il pensiero che la sua vita non tornerà a essere la stessa di prima e il silenzio sarà l’unico rumore che sarà in grado di percepire.

Grande protagonista di tutta la pellicola sembra essere il silenzio, un silenzio che puoi percepire, impossibile da ignorare.

Questo film è una lunga sperimentazione dal punto di vista sonoro, non è un caso che si sia aggiudicato il Premio Oscar come Miglior Sonoro e Miglior Montaggio nel 2021. Il regista riesce a far sentire lo spettatore di fronte allo stesso disagio che prova Ruben faccia a faccia con la propria disabilità. La costruzione del suono è studiata nel minimo dettaglio, si passa dalla musica fortissima e rumorosa contrapposta alla perdita del suono stesso. Nei momenti in cui Ruben si sente escluso dal mondo che lo circonda anche lo spettatore si ritrova improvvisamente immerso in un silenzio assordante, c’è un vero e proprio cambiamento dal punto di vista di montaggio del suono.

Il sonoro viene utilizzato come vero e proprio mezzo di comunicazione, un modo dato allo spettatore per immedesimarsi nella storia. Veniamo, infatti, avvolti da silenzi improvvisi, gli stessi silenzi che vive il protagonista sullo schermo.

Guardando il momento in cui Ruben pranza con il resto della comunità (quasi tutto il cast in quella scena è realmente non udente), lo spettatore assiste ad una scena completamente in silenzio. Percepiamo la narrazione esattamente come la vive il protagonista stesso.

Quando all’improvviso il sonoro ritorna, ci è permesso ascoltare il suono dall’esterno e possiamo percepire tutti i rumori che animano la tavola: il tintinnio delle posate, i rumori esterni, i piatti che sbattono sulla tavola.

Riz Ahmed è stato candidato per il Premio Oscar come Miglior Attore Protagonista per il lavoro svolto sul personaggio di Ruben. Interpretare una realtà che non ci appartiene è difficile e spesso si può cadere nell’esasperazione e nel rischio di mancare di rispetto all’intera comunità rappresentata. Ahmed è riuscito a far proprio un modo di vivere lontano dalla propria vita, si è preparato al meglio per il ruolo prendendo lezioni di batteria e ha imparato la lingua dei segni americana, con cui ha potuto comunicare con i compagni di set.

L’attore riesce perfettamente a far percepire le emozioni disperate di Ruben in modo che lo spettatore empatizzi con la sua sensazione di essere in prigione in un mondo improvvisamente silenzioso.

Veniamo guidati da Ruben attraverso questo percorso di accettazione, passando da una rabbia spaventata all’inizio della pellicola fino ad arrivare ad una consapevolezza nuova.

Tutto è raccontato senza la minima compassione, Sound of Metal ci tiene a raccontare la storia di tutti coloro che si ritrovano a convivere con una disabilità, che sia dalla nascita o improvvisa. Una disabilità che li vede costretti a vivere una vita in cui il rumore più forte è silenzio e della paura che deve fare vedersi privati dal proprio fisico di uno dei cinque sensi.

È un percorso di accettazione, ma è anche la storia di rinascita e nuove consapevolezze. La narrazione si sviluppa attraverso Ruben, ma viene mostrato come la stessa esperienza possa essere vissuta in mille modi diversi. La “prigione” in cui Ruben si ritrova per molti dei suoi compagni altro non è che l’unica realtà che conoscono. Vivono la propria disabilità come una condizione fisica che non può essere cambiata, né deve essere considerata sbagliata. Una condizione che deve essere raccontata per essere conosciuta e normalizzata anche da chi non ne è direttamente colpito. Solo attraverso la conoscenza vengono abbattuti i pregiudizi e si apre la strada all’accettazione costruendo una comunità in grado di abbracciare ogni diversità.


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